Questa è la storia di uno dei piatti più celebri della tradizione culinaria di Parma, uno di quei piatti in grado di mettere tutti d’accordo, far sentire l’abbraccio della famiglia anche a distanza, scaldare umore e corpo anche nei giorni più freddi dell’anno (ma non solo).
La storia
Il termine anolino deriverebbe dal latino “anulus”, cioè anello. L’anolino è una pasta ripiena che nasce nel XII secolo; le prime notizie arrivano grazie ai manoscritti di Salimbene De Adam, nella sua “Cronica” del 1284, ma bisogna aspettare il 1500 perché Bartolomeo Scappi li faccia comparire sulle mense dei re e dei papi.
Fa storia quanto tratto dal diario del principe Cosimo Meli Lupi di Soragna, cortigiano alla corte ducale parmense, che nel 1793 riporta che il duca Ferdinando I Borbone, amante delle genuine tradizioni della buona tavola, amava cingersi il grembiule di cuoco per formare i raviuoli detti nel dialetto nostro anolini.
Anche alla corte di Maria Luigia duchessa di Parma e Piacenza, durante l’inverno si mangiavano gli anolini e si collega ad essa la frase “Solo al re Anolino la Duchessa porge il suo inchino”.
Ma è solo grazie a Pellegrino Artusi che finalmente la ricetta degli anolini diventa prerogativa non più solo delle classi agiate, bensì patrimonio della cucina popolare.
La ricetta
Versioni di questa ricetta ne esistono tantissime, noi qui vi proponiamo quella proprio di Pellegrino Artusi:
54. ANOLINI ALLA PARMIGIANA
Una signora di Parma, che non ho il bene di conoscere, andata sposa a Milano, mi scrive:
«Mi prendo la libertà d’inviarle la ricetta di una minestra che a Parma, mia amata città natale, è di rito nelle solennità famigliari; e non c’è casa, io credo, ove nei giorni di Natale e Pasqua non si facciano i tradizionali Anolini». Mi dichiaro obbligato alla prefata signora perché avendo messo in prova la detta minestra è riuscita di tale mia soddisfazione da poter rendermi grato al pubblico e all’inclita guarnigione.
Dosi per una minestra sufficiente a quattro o cinque persone:
Magro di manzo nella coscia, senz’osso, grammi 500
Lardone, circa grammi 20
Burro, grammi 50
Un quarto di una cipolla mezzana
Il pezzo della carne steccatelo col lardone, legatelo e conditelo con sale, pepe e l’odore di spezie, poi mettetelo al fuoco in un vaso di terra o in una cazzaruola col burro e la cipolla tritata all’ingrosso per rosolarlo col detto burro.
Fatto questo, versare due ramaiuoli di brodo nel vaso e chiudetelo con diversi fogli di carta tenuta ferma da una scodella contenente alquanto vino rosso; e perché poi vino e non acqua non lo sa spiegare neanche la detta signora.
Ora fate bollire dolcemente la carne così preparata per otto o nove ore, onde ottenere quattro o cinque cucchiaiate di un sugo ristretto e saporito che passerete dal setaccio strizzando bene e che serberete per il giorno appresso.
Allora formate il composto per riempire gli anolini con:
Pangrattato di pane di un giorno, tostato leggermente, grammi 100
Parmigiano grattato, grammi 50
Odore di noce moscata
Un uovo e il sugo della carne
Fate tutto un impasto omogeneo e tirando tre uova di sfoglia tenuta alquanto tenera riempite il disco smerlato del n. 162 che ripiegherete in due per ottenere la forma di una piccola mezza luna. Con questa dose ne otterrete un centinaio che saranno buoni in brodo o asciutti come i tortellini e riescono leggeri allo stomaco più di questi.
La carne rimasta poi la mangerete sola o con un contorno d’erbaggi e figurerà come uno stracotto.
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