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Storia dei Cappelletti…all’uso di Romagna

di /// Ottobre 25, 2024
Tempo stimato di lettura: 7 minuti

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Tra le ricette più genuinamente tradizionali della Terra di Romagna, i Cappelletti o “Caplét”, come si dice in dialetto, sono una delle preparazioni più famose e apprezzate della cucina Italiana e la loro forma ricorda quella del “galoza”, un copricapo ad ali indossato dalla gente di campagna.

Farciti con differenti ingredienti, a seconda della zona di Romagna, sono il frutto tutto italiano dell’incrocio di tradizione e cultura popolare che ha abbinato con sapienza, prodotti locali e antiche ricette.

Storia

È con il ‘500 e con la nascente cucina delle corti signorili che la preparazione dei Cappelletti, cosi come di ogni pasta ripiena, vede la sua nascita ufficiale (anche se le primissime tracce della preparazione dei cappelletti risalgono a un testo di Fra Salimbene da Adam del XIII secolo d.C.).

Sono Cristoforo di Messisbugo e Bartolomeo Scappi, infatti, i due cuochi della corte estense i primi a citare i Cappelletti come ricetta sia per descriverne la forma che per prescriverne il “battuto” o “compenso”, come viene definito il contenuto.

Ferrara, cappelletti in brodo | Ph. LeImmagini CC BY NC SA 3.0
Ferrara, cappelletti in brodo | Ph. LeImmagini CC BY NC SA 3.0

Come ogni ricetta Italiana, i Cappelletti escono ben presto dalla cucina di corte per diffondersi in tutto il territorio prima romagnolo e poi centro italiano, diventando una delle ricette più diffuse e differenti di tutto lo stivale.

Si perché il ripieno, o “compenso” come si chiama in Romagna, diventa espressione e sapore del luogo permettendo ingredienti differenti a seconda della zona.

È cosi che a inizio ‘900 il Conte Giovanni Manzoni rileva ben sette ricette diverse di Cappelletti, lo stesso numero che qualche anno più tardi Pellegrino Artusi indicherà ne La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, suggerendo anche ripieni anche a base di ricotta, petto di cappone o lombata di maiale.

Tradizione o meno, la prima testimonianza ufficiale dei Cappelletti Romagnoli è databile al 1811. In quell’anno l’allora Regno d’Italia promosse un’indagine sulle tradizioni, le usanze, i dialetti e le superstizioni degli abitanti delle campagne. Utilizzando le informazioni fornite da sacerdoti, insegnanti e podestà, il prefetto di Forlì provvide a stendere un rapporto finale in cui si trova un sorridente accenno ai Cappelletti.

A Natale – scrive il Prefetto Staurenghi -“presso ogni famiglia si fa una minestra di pasta col ripieno di ricotta che chiamasi di cappelletti”. “L’avidità di tale minestra è così generale, che da tutti, e massime dai preti, si fanno delle scommesse di chi ne mangia una maggior quantità, e si arriva da alcuni fino al numero di 400 o 500. Questo costume produce ogni anno la morte di qualche individuo per forti indigestioni“.

Ecco fondata la tradizione Romagnola dei Cappelletti di Natale, tradizione oramai secolare, che li associa a un piatto di brodo bollente generalmente di Cappone e che, come molte paste ripiene della tradizione Emiliano-Romagnola, li preferisce gustare durante le stagione invernale.

Ingredienti

Gli originali cappelletti romagnoli presuppongono ancora oggi la presenza di un’Azdora, in dialetto letteralmente “la reggitrice” della Famiglia, un tempo colei che si occupava della cura della casa e che aveva accesso ai segreti della cucina. La preparazione avveniva di solito le sera prima del pasto e venivano chiusi ”a uno a uno” coinvolgendo tutte le donne e i bambini di casa.

La ricetta, fatta come una volta, prevede la preparazione della classica pasta con farina, uova (quante ne assorbe la farina), eventualmente poca acqua. Una volta tirata la sfoglia, con una rotellina dentata si ricavano i larghi quadrati di 4-6 cm di lato.

A questo punto su ogni quadrato (o dischetto di sfoglia), si pone un cucchiaio di battuto e poi con una mano svelta e abile si richiude secondo tradizione: il quadretto, con il ripieno, si ripiega su se stesso a mezza luna, facendo combaciare le due punte; queste si schiacciano con un dosato movimento a cerchio, dando forma al cappelletto.

Ferrara, ripieno dei cappelletti | Ph. LeImmagini CC BY NC SA 3.0
Ferrara, ripieno dei cappelletti | Ph. LeImmagini CC BY NC SA 3.0

Riguardo invece il ripieno dei Cappelletti sussistono tutt’ora diverse varianti, alcune con carni altre con formaggi, ma tutte legittime e tutte ammissibili ecumenicamente. Come tutte le ricette che sono diventate d’uso popolare infatti, anche i Cappelletti si sono adatti al variegato territorio della Romagna.

In un ipotetico viaggio gastronomico alla scoperta della ricetta dei Cappelletti di Romagna potremmo affermare che la tradizione ravennate-cesenate generalmente non accetta le carni; quella forlivese è possibilista; quella riminese, sammarinese e pesarese addirittura le esige, e ne vuole anzi di tre tipi: maiale, vitello e cappone.

Se per il ripieno dei Cappellettti ci sono ancora dispute territoriali, vi è invece accordo generale sul fatto vengano esaltati nella cottura in brodo (di gallina vecchia, o di cappone, e di poco manzo magro). Nonostante ciò si trovano spessissimo anche asciutti, con vari condimenti, tra i quali più diffuso è il ragù di carne di maiale o di mora romagnola, una razza suina esclusivamente locale.

Da Sapere

Vi suggeriamo di non confondere, soprattutto se vi trovate in loco, il Cappelletto con il suo cugino bolognese: il Tortellino, il quale nel ripieno contiene sicuramente carne, è di grandezza differente e viene chiuso in una modalità leggermente diversa.

La confusione nasce con tutta probabilità dalla ricetta di Pellegrino Artusi che, nel suo lavoro di sistemazione delle preparazioni tradizionali italiane, ha associato ricette differenti e di differenti zone, a un’unica preparazione.

Ciò si deve alla grande popolarità della preparazione dei Cappelletti, che nel corso della storia si sono diffusi prima nel Reggiano (ripieno con stracotto di manzo) e nel territorio di Modena (territori un tempo di proprietà della famiglia d’Este) e successivamente nelle Marche, in Umbria e fino al Centro Italia.

Cappelletti all’uso di Romagna | Ph. Stefano Triulzi via Casa Artusi
Cappelletti all’uso di Romagna | Ph. Stefano Triulzi via Casa Artusi

Autore

Walter Manni

Esploratore e Avventuriero: ama navigare gli oceani, scalare le montagne più alte e surfare sulle onde del web

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Questo articolo ha 2 commenti

  • Ilaria

    E da non confondere, oltre che con il cugino bolognese, nemmeno con il cappelletto di Ferrara dove è ampliamente diffuso insieme al cappellaccio con la zucca

    • Luca

      Cappelletto Romagnolo è l’antagonista d’eccellelza del tortellino emiliano di castel franco emilia,non propio bolognese.. tutti gli altri cappelletti sono arrivati dopo, e nati dallo stampo Romagnolo,e rivisti di conseguenza.
      Se propio vogliam essere esatti.

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