I “Racconti Del Balsamico” sono una serie di scritti dedicati all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena realizzati a partire da interviste a persone che a questo prezioso condimento hanno dedicato la vita, per lavoro o per passione.
Si ringraziano PierPaolo Bortolotti, esperto di Aceto Balsamico Tradizionale, Emilio Biancardi dell’Acetaia Villa Bianca e Massimo Clò del Collegio San Carlo di Modena, per la disponibilità e le preziose informazioni.
In questo primo episodio parleremo delle origini storiche di quello che oggi è un prodotto DOP tutelato da un Disciplinare e da un Consorzio.
Se dovessimo individuare un luogo specifico dove tutto è iniziato, questo luogo sarebbe l’imponente Palazzo Ducale di Modena.
Proprio qui, in una torre laterale di quella che era la sede della Corte Estense, sono state trovate le prime Acetaie riconosciute come tali. Risalgono infatti al Cinquecento le prime documentazioni in cui si parla esplicitamente di Balsamico e di botti organizzate in batteria.
Precedentemente a questa testimonianza è stato trovato qualche riferimento al fatto che si usavano condimenti come l’aceto e la saba, che è mosto cotto concentrato, sia in testi degli antichi romani, che in alcuni testi Matildici, datati quindi attorno al 1100. L’espressione Balsamico è però del Cinquecento e si rifà appunto a un “condimento eccezionale” ritrovato proprio in queste Acetaie Ducali.
Ma se viene definito “eccezionale” possiamo presumere fosse un prodotto con almeno già un secolo di vita; quindi con buona probabilità si può supporre che non siano stati gli Estensi a portare il Balsamico a Modena, ma loro stessi lo trovarono già in zona.
Non esistono quindi certezze circa l’origine dell’Aceto Balsamico; le ipotesi più accreditate sono che sia nato dalla fermentazione casuale della saba, prodotto dolce conservabile già presente nella tradizione contadina locale, o come miscela di saba e aceto forte, che al pari veniva utilizzato come condimento e conservante.
In entrambi i casi si sarebbe avviato il medesimo processo di fermentazione acetica, anche se in forma estemporeanea. Nel momento in cui si è iniziato a dare un’organizzazione ai barili è nata la batteria, che è l’elemento produttivo fondante dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena.
Facendo un balzo temporale al 1805, con l’arrivo di Napoleone a Modena una parte delle Acetaie Ducali furono svendute alle famiglie benestanti modenesi al fine di recuperare soldi per la sua campagna militare; proprio la sfavorevole circostanza di smontare le Acetaie del Ducato ha permesso però al contempo di diffondere e far conoscere il Balsamico a molte famiglie locali, che probabilmente prima non conoscevano né avevano mai avuto a che fare in maniera diretta con il prodotto.
Dopo il 1815, caduto Napoleone, alcune famiglie nobili restituirono le botti precedentemente acquistate e le Acetaie Ducali vennero in parte ripristinate.
Nel corso dell’Ottocento una parte dei barili finirono però anche al Castello di Moncalieri in Piemonte: attorno alla metà del XIX secolo, infatti, quando Vittorio Emanuele II fece tappa in città, i Modenesi gli donarono alcune botticelle ed egli le portò con sé in Piemonte, dove purtroppo, non sapendo come gestirle, nell’arco di qualche anno decaddero.
Questo fatto ha però portato ad un’importante conseguenza, che ha influito su tutta la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale fino ai giorni d’oggi: un amatore del prodotto in Piemonte scrisse una lettera in cui chiedeva lumi su quello che avrebbe dovuto fare per ripristinare l’Acetaia e la inviò a Francesco Aggazzotti, un agronomo modenese appassionato di Aceto Balsamico.
Agazzotti rispose con una lettera in cui raccontò nello specifico tutti i vari passaggi necessari per condurre un’Acetaia e produrre l’Aceto Balsamico; proprio questa lettera è diventata oggi, con le opportune integrazioni, la base per la creazione del Disciplinare di Produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale.
Autore
Elisa Mazzini
Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.
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di Elisa Mazzini /// Ottobre 10, 2018
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Paolo
Bel racconto,ma non si parla del territorio dove lo si può produrre e nemmeno del fratello/cugino balsamico reggiano.
Celestina Paglia
Ciao Paolo, per questa rubrica ci siamo focalizzati sul ABTM mentre su questo blogpost https://www.travelemiliaromagna.it/aceto-balsamico-tradizionale/ parliamo anche di quello di Reggio Emilia. Se poi vuoi condividere con noi un approfondimento saremo felici di ospitare il tuo contributo nella Rubrica Parlami di tER, nel caso mandaci una mail a inemiliaromagna@aptservizi.com