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Le più belle pievi dell’Emilia-Romagna

di /// Agosto 31, 2023
Tempo stimato di lettura: 6 minuti

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Aria di campagna e profumo di libertà.
Non so se vi sia mai capitato di spostarvi in macchina o con qualunque altro mezzo – anche i piedi beninteso – tra le piccole strade di campagna che disegnano il colorato paesaggio pianeggiante o collinare dell’Emilia-Romagna.

Ogni tanto, ve ne sarete accorti, spuntano all’orizzonte piccole chiesette la cui storia molto spesso si perde nei secoli. Si tratta di edifici di ridotte dimensioni, semplici nelle forme ma che, per via del contesto bucolico, ispirano fascino e suggestione e invogliano una visita, anche fugace, a chiunque si trovi a passare dinanzi alle loro facciate.

Punto di riferimento per le comunità locali che vivono nei dintorni, sono spesso ricordate come il termine di PIEVI (dal latino plebs, popolo), ovvero un assembramento di piccoli edifici che può prevede la casa canonica del prete locale, la chiesa e magari anche un oratorio all’aperto.

Vigoleno (PC), Pieve di San Giorgio
Vigoleno (PC), Pieve di San Giorgio | Credit: Bruschi Alberto

Le pievi, in realtà, rappresentano qualcosa di più articolato. Se andiamo alle loro origini, scopriamo che inizialmente individuavano comunità sul territorio, organizzate secondo circoscrizioni ecclesiastiche ben precise.

Senza inoltrarci troppo nei tecnicismi storici, possiamo dire che le pievi erano istituzioni sociali, ancor prima di essere religiose. Tramite loro la Chiesa poteva gestire i suoi possedimenti fuori dalle mura cittadine, raccogliere tasse e tributi in natura, ma soprattutto concedere il rito del battesimo lontano dall’autorità della cattedrale, l’unica a poter svolgere tale funzione.

Inoltre erano anche luogo di giurisdizione e giustizia, oltre centro promotore di opere di iniziative di salvaguardia e difesa del territorio, come bonifiche e canalizzazioni.

Durante l’alto Medioevo il termine pieve acquisì un significato prevalentemente religioso, con preciso riferimento all’edificio sacro, alla chiesa, al luogo destinato a raccogliere i fedeli e a svolgere le pratiche dell’anima.

Poste solitamente lungo le principali vie di comunicazione o presso il corso dei fiumi, raggiunsero il loro momento di massimo splendore tra IX e XII secolo, per poi concludersi alla fine del secolo successivo.

Oggi gran parte dell’Italia settentrionale è ricca di queste importanti testimonianze. Al loro interno ci sono tesori e impianti decorativi che vale la pena conoscere, e dietro quei muri in mattoni si annidano storie e opere d’arte assolutamente da scoprire.

Per questo oggi ho deciso di offrirvi un breve tour tra le pievi dell’Emilia-Romagna che mi hanno maggiormente colpito. Non si tratta ovviamente di una classifica di bellezza, è solo una personale lista che raccoglie le “chiese di campagna” che suggerirei ad amici e conoscenti in visita in Emilia-Romagna.

Se l’elenco secondo voi dovrebbe prevedere altri edifici, perchè non indicarle nei commenti qui sotto? Saremmo lieti di aggiungerle.

Pieve di San Giovanni in Ottavo (Brisighella)

Siamo a Brisighella, nel ravennate, in uno dei borghi più belli d’Italia. Superando il centro storico, lungo la Strada Statale 302 in direzione Toscana, dopo poco più di 1km si trova sulla sinistra la piccola Pieve di San Giovanni Battista, un luogo commovente per la sua semplicità e bellezza.

Saranno gli uliveti attorno, il rumore delle acque del fiume Lamone, o i vigneti e i campi coltivati sui pendi della valle, fatto sta che con un rapido sguardo si capisce subito che ci si trova in un luogo molto speciale.

La pieve un tempo sorgeva in corrispondenza dell’ottavo miglio della Via Faventina, la strada romana che collegava Faenza a Firenze. Per questo ancora oggi viene ricordata con il titolo di Pieve in San Giovanni in Ottavo.

Brisighella (RA), Pieve di San Giovanni in Ottavo
Brisighella (RA), Pieve di San Giovanni in Ottavo | Credit: Ghiandol, via Flickr

Senza dubbio è uno dei più importanti monumenti di tutto il comprensorio, nonché una delle chiese romaniche meglio conservate della Romagna.

Un’antica tradizione vorrebbe che l’edificio sia stato voluto dall’imperatrice Galla Placidia, ma in realtà l’epoca di costruzione è più tarda, tra l’VIII e il X secolo, anche se in loco sono stati trovati moltissimi resti di antiche strutture romane.

Meta di antichissimi pellegrinaggi, riserva grandi sorprese a chi la visita. Capitelli riutilizzati l’uno diverso dall’altro, piccole monofore, elementi decorativi in cotto, senza poi non parlare della cripta “a oratorio” con i tanti reperti archeologici rinvenuti qualche anno fa durante gli interventi di scavo e restauro effettuati al suo interno.

San Pietro in Sylvis (Bagnacavallo)

Sulla strada che da Ravenna porta a Bologna, facciamo una sosta nell’abitato di Bagnacavallo. Qui, poco fuori dal centro storico, sorge infatti una delle pievi più interessanti di tutta la provincia di Ravenna, la Pieve di San Pietro in Sylvis.

Considerata il punto apicale del modello pieve per completezza architettonica e decorativa, l’edificio presenta tutt’oggi l’originario impianto basilicale a tre navate, con un’imponente facciata in mattoni che sembra richiamare le vicine chiese di Ravenna, come ad esempio la basilica di Sant’Apollinare in Classe.

Bagnacavallo (Ra), San Pietro in Sylvis
Bagnacavallo (Ra), San Pietro in Sylvis

La datazione più accreditata è quella del 740-744 d.C. ma le affinità con i modelli maggiori dell’architettura ravennate la farebbe assegnare alla fine del VI secolo. È probabile comunque che più di 700 anni fa lo stesso Dante Alighieri – che cita Bagnacavallo nella sua Commedia – potè sostare qui in preghiera.

Tralasciando i moltissimi elementi decorativi di tradizione alto medievale che scandiscono la struttura, uno fra tutti l’altare in marmo databile al VI secolo, degni di nota sono gli affreschi del catino absidale databili al 1320 circa, attribuiti al maestro Pietro da Rimini. Altri affreschi, invece, presenti all’ingresso sono attribuibili ad artisti di scuola ferrarese (XV secolo).

Pieve di Santa Maria Assunta (San Leo)

Procedendo lungo il cammino di San Francesco che collega Rimini al santuario de La Verna, ci si imbatte nel piccolo villaggio di San Leo che, alla stregua di Brisighella, rientra tra uno dei borghi più suggestivi d’Italia.

Sospeso su uno sperone roccioso affacciato sulla Val Marecchia, il piccolo abitato custodisce due importanti monumenti romanici che balzano subito agli occhi: la pieve di Santa Maria Assunta datata al IX secolo e il Duomo del XII secolo.

San Leo (RN), Pieve di Santa Maria Assunta
San Leo (RN), Pieve di Santa Maria Assunta | Credit: storiedistoria.com

La pieve di Santa Maria Assunta è senza alcun dubbio l’edificio più antico di San Leo, nonché il più antico monumento religioso del Montefeltro.

Costruita in pietra arenaria e calcare durante l’epoca carolingia, secondo la tradizione andò a impiantarsi sopra la celletta in cui San Leone, patrono della città, si ritirava in preghiera.

L’interno a tre navate, nella classica forma a pianta basilicale, appare spoglio ma al contempo estremamente affascinante grazie al cadenzare dei conci di pietra che ne costituiscono le murature.

Capitelli, colonne ed elementi di reimpiego di tradizione romana o tardo-antica arricchiscono il contesto, ma ancora di più rende pregevole questa pieve il presbiterio, rialzato sulla cripta, dove nell’incavo dell’abside centrale si erge un bellissimo ciborio (882 d.C.), che un’iscrizione recita dedicato dal Duca Orso alla Vergine.

Un tempo le pareti interne erano certamente intonacate e in gran parte decorate da pitture e affreschi di varia epoca, le cui tracce purtroppo sono state disgraziatamente cancellate da radicali restauri effettuati negli anni trenta del secolo scorso.

Pieve di Santa Maria di Castello (Toano)

In posizione isolata sulla sommità di un colle che domina il paese di Toano, sorge la piccola pieve di Santa Maria di Castello. Ci troviamo nel cuore delle Terre Matildiche, un tempo dominio della grande contessa di Canossa.

Annoverata tra i monumenti di architettura romanica più significativi presenti sul territorio, è sicuramente uno degli edifici di culto più antichi di tutta la diocesi reggiana.

Poche sono le informazioni che si hanno sulla sua fondazione, ma in un primo atto si attesta l’esistenza già al 980 d.C.

Toano (RE), Pieve di Santa Maria di Castello
Toano (RE), Pieve di Santa Maria di Castello | Credit: tryitaly.com

Nonostante i rifacimenti avvenuti e le distruzioni seguite durante il Secondo Conflitto Mondiale, l’edificio ha mantenuto un aspetto tipicamente romanico-lombardo che richiama alla mente i cantieri delle vicine cattedrali di Parma e Modena.

L’esterno come l’interno è caratterizzato da una nuda spazialità, e mostra linee tozze e vigorose tipica delle costruzioni romaniche più antiche.

Anche qui si reitera il classico impianto basilicale a tre navate che mostra però un aspetto particolare nei capitelli che coronano i pilastri e i semipilastri della chiesa.

Tutti mostrano un simbolismo religioso e liturgico fatto di motivi vegetali, zoomorfi e antropomorfi, in un interessante mix tra arte bizantina, intrecci d’ars canusina e scultura di scuola antelamica.

Pieve di Santa Maria Annunziata e San Biagio (Sala Bolognese)

A Sala Bolognese, a 20km a nord di Bologna, si trova uno degli edifici romanico-lombardi più suggestivi di tutta la provincia. È la pieve di Santa Maria Annunziata e San Biagio, un complesso molto antico ricostruito nel 1096 d.C. su un precedente edificio d’età paleocristiana.

A pianta basilicale, la chiesa denota una bella facciata a capanna, caratterizzata sul fronte da una bifora con capitello cubico e sul retro, nella parte sovrastante l’abside, da una galleria cieca datata al XII secolo, unico esemplare nel territorio bolognese.

Sala Bolognese (BO), Pieve di Santa Maria Annunziata e San Biagio
Sala Bolognese (BO), Pieve di Santa Maria Annunziata e San Biagio | Credit: Threecharlie, via Wikipedia

L’interno, diviso in tre navate da colonne con capitelli in selenite, focalizza l’attenzione del visitatore sull’ampia scala centrale del presbiterio rialzato, sul quale è posto l’altare maggiore.

Sulla mensa di quest’ultimo è scolpita la testa di una divinità pagana con corna di ariete, che documenta la fine del periodo pagano e il passaggio al cristianesimo dell’antica popolazione locale. È da notare nel parapetto dell’ambone il sigillo con l’aquila dell’impero degli Svevi.

Autore

Davide Marino

Nasce come archeologo ma finisce per fare altro. Razionale ma non metodico, lento e appassionato. Un giovane entusiasta dai capelli grigi

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