Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra, sei benvenuto. Basta una mail a inemiliaromagna@aptservizi.com o un commento qui sotto!
Pasqua, così come il Natale, sono festività che scandiscono il ritmo dell’anno con i loro riti e le tradizioni legate alla tavola.
Tra le tradizioni casalinghe di Pasqua c’è quella dell’uovo benedetto, simbolo della vita che si rinnova, un’usanza che risale già ai primi cristiani che pitturavano le uova di rosso per ricordare la Passione di Cristo.
Una tradizione del passato mantenuta viva ancora oggi, generalmente dalle nonne, che il sabato prima di Pasqua usano far benedire le uova sode da mangiare la Domenica di Pasqua a colazione insieme alla pagnotta, al salame e alla tipica ciambella romagnola.
La tradizione di decorare le uova (che dura ancora oggi nei paesi ortodossi e cristiano-orientali) oggi è vissuta come momento di divertimento per i più piccoli. A loro viene lasciata libertà di colorare le uova con fantasia, utilizzando i colori della primavera, simbolo di rinascita.
Tradizione vuole poi che il guscio dell’uovo, in quanto benedetto, non venga buttato via, ma bruciato, cosa ormai non così semplice da fare come una volta, quando il camino veniva usato in tutte le case per riscaldare e cucinare.
Per tornare alla ciambella, in dialetto zambela, è un simbolo della gastronomia romagnola e si consuma, oltre che a colazione, a merenda e a fine pasto, accompagnata da vini locali come l’Albana, il Sangiovese, la Cagnina o da passiti.
La regola è inzuppare la fetta nel bicchiere di vino.
Si dice che non tutte le ciambelle vengono con il buco, infatti questa non ce l’ha: la sua forma è quella di un filone allungato con la superficie cosparsa di zucchero semolato o granella di zucchero.
Il suo impasto base testimonia il carattere popolare della preparazione. Gli ingredienti sono quelli poveri alla base di tanti dolci della tradizione contadina: uova, farina, zucchero, latte, burro e quando cuoce nel forno il suo profumo si spande per tutta la casa.
Naturalmente anche questo dolce ha diverse versioni, le varianti più comuni prevedono l’aggiunta di pezzetti di cioccolato o l’uvetta sultanina.
La tradizione vuole che questa venisse preparata in casa dalle azdore romagnole nei giorni precedenti alla Pasqua, anche se oggi viene preparata per celebrare qualsiasi ricorrenza.
Quando ancora non c’erano gli elettrodomestici, le nonne portavano l’impasto preparato in casa al forno più vicino per la cottura. Una volta pronti i filoncini di ciambella venivano conservati fino alla domenica di Pasqua. Era anche un modo per vivere la festa attraverso l’aggregazione e la convivialità.
Curiosità
Vi state domandando come facessero le azdore a riconoscere la propria ciambella dopo la cottura? Ognuna dava una forma leggermente diversa o metteva vicino un segno di riconoscimento come un sassolino, una noce o altro.
Se vi è venuta voglia di provare questo dolce semplice e gustoso, immediatamente sinonimo di festa e tradizione, qui trovate la ricetta tradizionale della ciambella romagnola.
Autore
Potrebbe interessarti
Pasqua in Emilia-Romagna: le ricette dei dolci della tradizione
di Daniela Camboni /// Marzo 30, 2020
[Parlami di tER] Tradizioni pasquali a Reggio Emilia
di Turismo Reggio Emilia /// Aprile 9, 2020
Conosci la nostra newsletter?
Ogni primo del mese, una email con contenuti selezionati ed eventi in arrivo.