Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima. Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto.
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Una particolarità che ha caratterizzato la storia dell’Emilia è quella delle partecipanze agrarie, enti di proprietà collettiva sorti dopo l’anno Mille. La più antica di esse è a Nonantola, importantissimo centro monastico dell’alto Medioevo.
Nel lontano 1058 l’abate Gotescalco decise di concedere in enfiteusi perpetua a coloro che risiedevano nelle vicinanze del monastero un vasto territorio. L’obiettivo era quello di bonificare i territori di pertinenza e guadagnare la fiducia degli abitanti. L’abate poneva solo due clausole: ognuno avrebbe dovuto migliorare i propri terreni e l’incolato, ovvero la residenza stabile nei luoghi stessi, oltre a versare un modesto canone annuo.
Dopo poco tempo sorsero altre partecipazioni agrarie. Alcune tradizioni non documentate le attribuiscono alla contessa Matilde di Canossa, mentre più documentato è l’intervento dei vescovi di Bologna, che probabilmente avevo preso spunto da Nonantola.
Oltre alla partecipanza agraria modenese di Nonantola, tutt’ora sono esistenti quella ferrarese di Cento e le quattro bolognesi di Pieve di Cento, Sant’Agata Bolognese, San Giovanni in Persiceto e Villa Fontana, una frazione di Medicina (insieme a quelle di Crevalcore e Budrio che però si estinsero a cavallo tra Ottocento ed Novecento).
I terreni di questi enti, con modalità diverse e periodi di usufrutto più o meno lunghi, spettavano ai discendenti maschi delle antiche famiglie con cui gli abati e i vescovi avevano stipulato i contratti di enfiteusi perpetua.
Solamente negli ultimi anni le partecipanze stanno inserendo anche le figlie femmine (ma solo per esse, non per i loro figli, al fine di mantenere solo i nomi delle antiche famiglie nelle divisioni dei terreni).
L’incolato e il terreno (che a Nonantola veniva chiamato non a caso “bocca”) per secoli hanno costituito un’importante fonte di sussistenza e ciò ha fatto sì che molti discendenti delle antiche famiglie siano rimasti in loco.
Nella partecipanza centese, e probabilmente anche in altre, consultando gli antichi registri si potrebbe ricostruire un’albero genealogico pari a quello delle più illustri famiglie nobiliari, andando indietro anche di tre/quattro secoli.
Le divisioni dei terreni avvenivano mediante estrazione a sorte, effettuata da bambini bendati e solitamente non tutti i capi / bocche / fuochi (i nomi dei terreni nelle varie partecipanze) hanno la stessa dimensione, in quanto questo dipende anche dalla bontà della terra.
Nella partecipanza nonantolana da oltre trent’anni hanno ricreato una porzione dell’antico bosco nella zona più dura da coltivare, con anche un’interessante zona umida. Questa zona protetta è stata chiamata Torrazzuolo e al suo interno vi è anche una stazione Lipu.
Qui a fine settembre è in programma “Alba in partecipanza”, un’iniziativa che offre agli avventori la possibilità di osservare il risveglio del bosco e dei suoi abitanti.
Le particolarità dei campi e delle partecipanze è la quasi assenza di frutteti e vigneti, perché difficilmente viene fatta la scelta di realizzarli, visto che il riparto successivo spetterebbe a un’altro partecipante.
Già da anni sono rimasti in pochi a coltivare il proprio terreno e coloro che hanno scelto di lavorare in agricoltura pagano un affitto ad altri partecipanti per avere una dimensione dei campi in grado di consentire loro un buon reddito.
Fosse per il sottoscritto, autore del racconto, le partecipanze sarebbero da inserire nei siti UNESCO, come bene immateriale.
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Carlo
Interessante particolarità di questi territori dell’Emilia ed anche molto antica.
Cristina
Un articolo molto interessante su un tema a me nuovo! Grazie Paolo! Non vedo l’ora di visitare l’oasi della Lipu!
Cristina
Tema molto interessante che non conoscevo! Inoltre mi incuriosisce il Torrazzuolo con la stazione LIPU, merita sicuramente una visita. Grazie per l’approfondimento!
Marco
Grazie, non sapevo dell’esistenza di queste forme di proprietà,e così datate.
Saluti