Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto.
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“Nella piccola stazione avvolta dalla nebbia scendiamo solo in due. È una brumosa mattina di inizio novembre e non si vede a più di un paio di metri. Dal secondo binario scorgo appena la sagoma della casetta gialla che ospita la sala d’aspetto.
Il mio compagno di viaggio scompare subito oltre quel muro bianco, e una volta che il treno è ripartito rimango solo sulla banchina, immerso nel silenzio. Da lontano arriva attutito un suono di campane. Sarà la suggestione di questa atmosfera ovattata, ma mi aspetto quasi di veder spuntare nella foschia una figura gigantesca in tonaca nera dal passo deciso e dai modi sbrigativi. Impegnato in un’accesa discussione con un omone altrettanto imponente che sfoggia grandi baffi e un fazzoletto rosso al collo.
Il “Don” più famoso d’Italia invece non si materializza. Ma l’incontro è solo rimandato, perché appena lasciata la stazione lo ritrovo ad ogni angolo del paese, insieme al suo inseparabile amico-nemico. Brescello, nella bassa reggiana, è un museo a cielo aperto dedicato a don Camillo e Peppone, i protagonisti della famosa saga di Giovanni Guareschi entrati a far parte della memoria collettiva grazie alla fortunata serie di films interpretata da Gino Cervi e Fernandel.
Nei suoi libri Guareschi non lo nomina mai ma, dopo essere stato scelto dal regista Julien Duvivier per il primo film del 1952, questo è per tutti il paese di Peppone e don Camillo.
A partire proprio dalla stazione, che compare in molte scene dei cinque film. Nella breve passeggiata che, sempre fra le nebbie tipiche della zona, mi porta fino a piazza Matteotti, passo davanti alla casa di Peppone. Che in realtà ospita uno studio di commercialista, ma riconosco immediatamente il balcone dal quale in una scena il sindaco comunista del paese si affaccia tenendo in braccio Libero Antonio Camillo Lenin, il figlio appena nato. Presentandolo agli amici con la frase: “Compagni, un compagno in più!”.
Sulla piazza si fronteggiano la chiesa di Santa Maria Nascente da un lato e il Comune dall’altro. Ma anche le statue in bronzo a grandezza naturale dei due protagonisti, naturalmente il prete di fronte alla chiesa e il sindaco davanti al palazzo comunale. E due dei bar del paese. Ribattezzati, ovviamente, “Caffè Peppone” e “Caffè don Camillo”. Nomi che ricorrono ovunque, insieme alle immagini di Cervi e Fernandel. Sulle insegne di bar e ristoranti, nelle vetrine dei negozi di souvenirs e di specialità locali, nel grande manifesto che campeggia sulla facciata del comune. Perfino nell’intestazione di un’agenzia di pratiche auto e in quella di un’azienda agricola.
Per prima cosa passo dalla chiesa. Un edificio ottocentesco a tre navate dove, in una cappella laterale, si trova il celebre Cristo “parlante” di legno con cui don Camillo dialogava e discuteva. Realizzato per i films e poi donato alla chiesa dal produttore Angelo Rizzoli. Un oggetto di scena che ha nel tempo assunto anche una valenza spirituale, con le candele accese dai fedeli e addirittura qualche ex-voto.
Le due ore successive le dedico alla visita dei musei. Il “Museo Guareschi”, incentrato sul rapporto fra il cinema e il territorio, con la ricostruzione di un set cinematografico dell’epoca, oggetti agricoli e da lavoro degli anni ’50 e molte fotografie scattate durante le riprese. Dove si scopre l’aspetto del paese prima che i films lo rendessero famoso in tutta Europa. Quando ad esempio, come si vede in un’immagine, i bar della piazza non erano ancora dedicati ai due protagonisti ma si chiamavano semplicemente “Bar Centrale” e “Caffè e ristorante”. E il “Museo Peppone e don Camillo”, con oggetti di scena come l’abito talare del prete, locandine dei films in italiano, spagnolo, tedesco e francese, libri, articoli di giornale e la ricostruzione dell’ufficio da sindaco di Peppone.
All’esterno trovo anche il carro armato utilizzato in “Don Camillo e l’onorevole Peppone” e la locomotiva a vapore che compare in diverse pellicole, quando le riprese furono realizzate proprio nella stazione in cui sono arrivato. Ma i ricordi cinematografici in giro per il borgo sono ovunque. La gigantesca campana utilizzata in “Don Camillo monsignore ma non troppo” campeggia sotto i portici di via Giglioli, in via Costituente trovo la casa di don Camillo, in via Panizzi la casa del popolo, dove si stabilirono gli uffici della produzione e si reclutavano le comparse fra gli abitanti del paese.
Nei musei e in giro per le strade del piccolo centro incrocio molti turisti, da soli o a gruppi. Tra loro anche una comitiva di tedeschi e una famiglia francese. Immagino che nel periodo estivo e nei week end il paese sia invaso da una piccola folla di visitatori. Lo intuisco anche dal numero di bar, ristoranti, pizzerie e B&B, nonostante Brescello conti poco più di cinquemila residenti. Un’intera economia basata sull’enorme successo della saga cinematografica, che ha drasticamente cambiato la storia del paese. Per pranzo mi fermo in uno dei bar sulla piazza. A quest’ora il borgo sembra riprendere la sua dimensione locale. A farmi compagnia non ci sono infatti turisti ma, come in ogni piccolo centro di provincia in questo momento della giornata, persone del posto che commentano in dialetto le notizie del giornale bevendo un caffè, parlano di calcio, giocano a carte e scherzano con la barista. Prima di tornare alla stazione mi procuro il biglietto in una tabaccheria…”
Così inizia il capitolo “Il treno della Bassa”, dal libro “Binari. Racconti di viaggi e di treni sulle ferrovie minori italiane” di Fabio Bertino. Il racconto prosegue con il viaggio da Parma a Gualtieri, Guastalla, Luzzara e Suzzara.
E nel libro non poteva poi ovviamente mancare la Porrettana, un piccolo mito per gli amanti dei viaggi in treno. “Nel cuore d’Italia” è infatti il capitolo dedicato proprio alla linea che porta da Bologna a Pistoia passando per borghi splendidi come Marzabotto, Porretta Terme o Castagno di Piteccio.
Una serie di reportage che accompagnano in treno in giro per l’Italia, con undici viaggi lungo le linee ferroviarie minori, la loro storia e le tante piccole-grandi esperienze, incontri, scoperte, vissuti percorrendole. Si viaggia in treno un po’ in tutta la penisola: da nord (con la “ferrovia delle meraviglie” Cuneo-Ventimiglia e la Vigezzina-Centovalli da Domodossola a Locarno) al centro (sulla Porrettana Bologna-Pistoia, la ferrovia della Garfagnana da Lucca ad Aulla, nella Bassa reggiana con la Parma-Suzzara, e ancora sulla Viterbo-Attigliano-Orte e la Avezzano-Roccasecca) al sud e nelle isole (con la Jonica sulle orme di George Gissing, la Bari-Matera, la Circumetnea e la Macomer-Nuoro).
Autore
Fabio Bertino
Nato a Torino, vive fra Alessandria e le meravigliose colline del Monferrato; ama scrivere e viaggiare. “Binari” è il suo terzo libro, dopo “Worldzapping” e “Destinazione Russia. Una nave e un gatto nella tundra e altri incontri stra-ordinari”; collabora con la rivista trimestrale di reportage di viaggio Erodoto108.
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