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[Parlami di tER] La “Delizia” del Belriguardo… quel che resta della sua munificenza

di /// Marzo 28, 2023
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L’ingresso principale della “Delizia” del Belriguardo, si trova nello stemma del Comune di Voghiera*, in provincia di Ferrara.

Nello stemma a scudo è raffigurata la Torre della “Delizia” ovvero la reggia di Belriguardo su sfondo azzurro e base verde.

La “Delizia” del Belriguardo,  al cui interno ora  è ubicato il Museo civico di Belriguardo (che espone reperti archeologici del territorio, dedicando anche sezioni rinascimentali e di arte moderna), costruita nel 1435, per volere di Niccolò III d’Este, è annoverata come la prima residenza estiva di una signoria in Europa.

Per la sua magnificenza, la “Delizia” fu definita Versailles degli Estensi.

  • Voghiera (FE), Sala della Vigna nella Delizia di Belriguardo, Ph. Nadia Galli, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera (FE), Sala del Museo nella Delizia di Belriguardo, Ph. Nadia Galli, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera (FE), Reperto della Necropoli di Voghenza nella Delizia di Belriguardo, Ph. Nadia Galli, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera (FE), particolare del soffitto del Museo nella Delizia di Belriguardo, Ph. Nadia Galli, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera(FE), Delizia di Belriguardo, Ph. Paolo Benetti, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera (FE), Delizia di Belriguardo
  • Voghiera (FE), Delizia di Belriguardo, ph. Alessandro Boninsegna, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera(FE), Delizia di Belriguardo, Ph.Nicola Quirico, CC_BY_NC_SA 3.0
  • Voghiera(FE), Delizia di Belriguardo, Ph.Nicola Quirico, CC_BY_NC_SA 3.0

Il marchese di Ferrara, Niccolò III d’Este (Ferrara, 9 novembre 1383 – Milano, 26 dicembre 1441), terzo di questo nome, nacque dal marchese Alberto V, signore di Ferrara, e da Isotta Albaresani e nella sua vita, oltre alle battaglie, lotte, alleanze e prese di potere si concretizzò il detto: “di qua e di là del Po sono tutti figli di Niccolò”.

Si narra infatti che nel corso della sua vita riconobbe ventidue figli generati al di fuori del matrimonio.

Nacque con un destino di accuratezza e di sostegno per volere del padre che, come cita una tradizione tardo cinquecentesca, Alberto V, in prossimità della morte, il 30 luglio 1393, quando Niccolò aveva quasi 10 anni, regolarizzasse la sua unione con l’Albaresani per legittimare il giovanissimo erede.

Il fatto pare non vero, perché l’erede era già stato ufficialmente legittimato da papa Bonifacio IX nel 1391, su istanza del padre Alberto, e che la moglie di questo, Giovanna de’ Roberti, era nel 1393 ancora in vita.

Presentato al popolo ferrarese nello stesso giorno (1 agosto 1393) dei funerali del padre ed erede di un dominio che comprendeva, oltre alla stessa Ferrara, Modena, Adria, Comacchio, Rovigo e diversi possessi in Romagna, l’erede non aveva ancora superato i dieci anni quando si venne a trovare al vertice dello Stato estense; il genitore aveva predisposto ogni cosa: il Consiglio di reggenza.

Nel giugno 1397, Niccolò sposò, tredicenne, Gigliola da Carrara, figlia di Francesco Novello (il matrimonio, combinato dai Veneziani in chiave antimilanese, fu duramente osteggiato da Giangaleazzo Visconti), e nel frattempo, e di conseguenza, Ferrara entrava nella grande lega antiviscontea che la vedeva unita ai Gonzaga, ai Fiorentini, ai Bolognesi, ai Malatesta di Rimini e ai Padovani.

Il rafforzamento del potere di Niccolò è anche dimostrato dalla sua decisione di riaprire i battenti, il 18 ottobre 1402, dell’Università ferrarese, chiusa poco dopo la sua fondazione.

Moriva nel 1402 Giangaleazzo Visconti, e dall’interno come dall’esterno del suo Stato, si levavano le ambizioni di molti, e anche quelle di Niccolò, alimentate da papa Bonifacio IX, che intendeva provvedere al recupero di Bologna e degli altri luoghi strappati al dominio pontificio dai Milanesi.

Nel 1416 era intanto defunta, senza lasciare prole, la sua prima moglie, Gigliola. Due anni più tardi egli si uni in matrimonio a Parisina [Laura Malatesta (1404-1425, decapitata), figlia di Andrea signore di Cesena]. All’arrivo in corte, la quattordicenne consorte venne accolta, tra gli altri, dai numerosi figli naturali di Niccolò, tra i quali anche Ugo, Leonello e Borso, nati dalla sua relazione con Stella dei Tolomei, detta anche dell’Assassino o dell’Assisino. La nascita di due gemelle, Ginevra e Lucia (1419), e di Alberto (1421) assicurò a Niccolò la prima discendenza legittima, ma la scoperta di un’intesa amorosa tra Parisina e suo figlio Ugo, nel maggio 1425, generò una tragedia le cui conseguenze si sarebbero per sempre ripercosse sul suo animo. Rinchiusi i due amanti nelle carceri del castello, egli promosse contro di loro un ordinario processo che ne sentenziò la morte. Il 21 maggio la sentenza veniva eseguita. La vicenda avrebbe poi conosciuto una singolare fortuna letteraria e fu cantata, tra gli altri, da George G. Byron. Nel 1912, il testo dannunziano ispirandosi al capolavoro di Byron fece da libretto per l’opera Parisina di Pietro Mascagni, la cui prima fu rappresentata nel 1913 alla Scala di Milano.

La vita di Niccolò proiettata ai piaceri, non disdegnò neanche lo sfarzo e la rappresentanza.

Volle la “Delizia”, quale residenza estiva, estesa su quaranta ettari con giardini all’italiana, desiderando di stupire gli illustri suoi ospiti. La reggia subì nel corso degli anni molti rimaneggiamenti.

L’impronta che fu data alla “Delizia” era di villa greco orientale eretta secondo il gusto tardo medievale.

Ancora,  tuttora, all’ingresso stretto sotto alla maestosa torre, alla cui sommità sono presenti due angeli che portano quel che dovrebbe essere il simbolo estense, oltre il primo grande cortile, si apre l’alta corte: la  residenza del principe, su due piani (oggi solamente a metà della sua altezza originale) con logge e portici ovunque, i muri erano intonacati e dipinti con le armi estensi e sul retro si aprivano sterminati giardini scanditi da perfetti ritmi geometrici con corsi d’acqua, fontane, ponticelli, piante esotiche e labirinti di siepi, per rendere più ameno possibile il soggiorno degli ospiti e della Corte Estense.

Tra gli ospiti illustri: Lucrezia Borgia (1480 – 1519) e il drammaturgo Torquato Tasso (1544 – 1595).

La magnificenza della “Delizia” di Belriguardo subì un brusco arresto quando i signori di Ferrara, dopo tre secoli di benessere e produttività, furono costretti a lasciare Ferrara nel 1598.

Una delle più potenti casate del Rinascimento, fu costretta a cedere il feudo ferrarese al Papa, ritirandosi a Modena e Reggio, il Belriguardo, ritornato sotto l’amministrazione pontificia, fu lasciato in enfiteusi a proprietari terrieri del luogo i quali la utilizzarono principalmente come fattoria, trasformando sale affrescate dai maggiori maestri del Cinquecento ferrarese in stalle e granai.

Tutto ciò che c’era di prezioso, e oramai ritenuto inutile al nuovo utilizzo del complesso, fu venduto o asportato.

Belriguardo, attualmente, ci racconta parzialmente il suo splendore, causa i tanti riadattamenti e demolizioni.  Oggi, nella porzione di perimetro calpestabile sono presenti molte abitazioni private.

Ciò che è rimasto di Belriguardo ancora visibile, contrasta con il plastico all’epoca estense posizionato all’interno della Sala della Vigna o Sala delle Vigne.

Essendo questo ambiente testimone di storia, e di riprese delle varie vicende negli affreschi, diventa curioso osservare il busto del Conte solo dalla cinta in giù, la parete a ponente testimone di una curiosa apertura ancora abbozzata e il pavimento originale in cotto.

Gli affreschi lasciano immaginare la delizia dello sguardo dei visitatori e degli ospiti di allora, perché veniva naturale dirsi: “Guardo e Riguardo, la Delizia del Bel-ri-guardo”.

Oggi, dell’antica “Delizia” si può essere affascinati dalla torre al centro, dalla quale gli Estensi osservavano gli spettacoli nella peschiera sottostante alimentata dall’acqua del fiume Sandalo (ramo principale del Po in età classica), che progressivamente si è interrato perdendo la sua importanza come via di comunicazione tra le aree di Ferrara e di Ravenna.

Splendide le sei finestre gotiche della fine del Quattrocento e come già citato la rettangolare Sala della Vigna, unico testimone della magneficenza del Belriguardo, affrescata nel 1537 da Girolamo da Carpi, con l’ausilio di Benvenuto Tisi da Garofalo e dei fratelli Battista e Dosso Dossi, le cui  decorazioni di tralci, di foglie e di grappoli d’uva ricordano gli splendori del casato estense.

Alle pareti laterali sono raffigurati gruppi di cariatidi e sullo sfondo appaiono paesaggi in tenui colori.

Una notizia di alcuni ritrovamenti in una vicina area di scavo permetterà di completare ulteriormente l’area espositiva all’interno della “Delizia”.

Oggi, nell’ambito delle “Delizie” estensi, il Belriguardo rientra nel novero dei beni patrocinati dall’UNESCO.

E’ degno di visita anche la Necropoli di Voghenza, visibile solo dalla strada.

*in questa zona si coltiva l’Aglio di Voghiera: dal 2007, a livello europeo, la denominazione «Aglio di Voghiera» è stata riconosciuta come denominazione di origine protetta (DOP). La produzione dell’ortaggio è tutelata e promossa dal Consorzio Produttori Aglio di Voghiera, costituito nel 2000 ed in seguito riconosciuto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali.


Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.

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Autore

Nadia Galli

Nadia Galli, nata a Castel Maggiore (BO), laureata all’Università di Bologna, in Economia e Commercio, in Sociologia e poi in OMAPSOS (Organizzazione, Mercati, Ambiente, Politiche Sociali e Servizio Sociale) con curriculum Politiche Sociali e del Benessere è Istruttore presso l’Unione di Comuni Reno Galliera.  Giornalista pubblicista dal 2011 con la passione per la lettura e scrittura.

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