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[Parlami di tER] Tignano, frazione di Sasso Marconi

di /// Dicembre 1, 2022
Tempo stimato di lettura: 6 minuti

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Da possedimento di Matilde di Canossa all’eccidio di Padre Mario Ruggeri 

Già popolata in età romana, da cui il probabile toponimo derivante da Vicus Attinius (o Atinius).

Nel periodo medioevale ebbe un castello di cui non è rimasta la minima traccia.

Sempre nel medioevo, l’area appartenne alla famosa famiglia dei Canossa, che la concessero in vassallaggio ai Signori “da Tignano” i quali, dopo la morte della contessa Matilde (nel 1115), tentarono di rendersi autonomi.

Nel 1233, il comune di Tignano fu posto alle dipendenze del quartiere bolognese di Porta S. Procolo. San Procolo, uno dei quattro protettori di Bologna: Domenico, Francesco, Petronio e il meno celebrato, appunto, Procolo. Porta San Procolo è una delle sette porte appartenenti alla prima cerchia detta “di selenite” (VII secolo d.C.).

Di Tignano non esistono né reperti né documenti storici. Si conoscono le vicende di alcuni suoi abitanti.

E contro questi abitanti ci furono cacciate e proclami di distruzione.

I nobili di Tignano nel 1274 si schierarono con la fazione bolognese ghibellina dei Lambertazzi: per tale motivo Aldigerio di Giacomo da Tignano, che abitava a Bologna presso la Cappella di S. Lorenzo di Porta Stiera (via Ugo Bassi/Galliera), fu bandito dalla città e dovette andare in esilio.

Nel 1289, il Consiglio di Bologna inviò ben 348 uomini della Compagnia* de’ Vari e de’ Mercanti a distruggere le torri, i palazzi e gli edifici che possedeva a Bologna Ugolino di Bonifazio da Tignano, che aveva anche dei vigneti nella sua terra. Questo nobile, punito per la sua opposizione politica, non si diede per vinto e continuò le sue attività nel contado tanto che il Consiglio di Bologna, prima minacciò la famiglia e poi la richiamò in città con l’intimazione di non muoversi senza chiedere e ottenere il permesso, come avvenne nel 1301.

Nel 1312 il Podestà di Bologna promosse un’accusa e un’inchiesta contro uomini di Tignano: imputati di malefici nella loro terra.

Estintasi la famiglia dei nobili da Tignano, il territorio passò sotto la giurisdizione di Pontecchio e Leone X (eletto nel 1513) diede i possedimenti al Conte Rossi e,  nel 1517 fu assorbito nella contea dei Rossi di Pontecchio. Alla fine del XVIII secolo, il comune di Tignano, che poco dopo perse la sua fisionomia comunale e divenne frazione di Sasso, contava 330 anime.

Nel 1366, nell’elenco delle chiese bolognesi, a Tignano risultavano esistenti ben tre parrocchie dedicate rispettivamente a San Martino, Santa Maria, San Nicolò.

Nel XVI secolo, le tre chiese parrocchiali di San Martino, Santa Maria, San Nicolò vennero unificate. Le ultime due scomparvero prima del 1509, data in cui si trova la menzione unificata di «Chiesa Parrocchiale de’ Santi Martino, Maria e Niccolò di Tignano». La chiesa di S. Martino è oggi la parrocchiale del territorio: risale agli anni 1883-84 e ha un buon quadro con la Madonna col Bambino e i Santi Martino Vescovo, Petronio, Nicolò da Bari e Antonio da Padova.

Sasso Marconi (BO)
Sasso Marconi (BO)
Chiesa di San Martino a Tignano
Sasso Marconi (BO)
Sasso Marconi (BO)
I 90 gradini di Tignano, ph. Nadia Galli
Sasso Marconi (BO)
Sasso Marconi (BO)
In ricordo di Padre Mario Ruggeri a Tignano
Sasso Marconi (BO)
Sasso Marconi (BO)
Il forno di Tignano, ph. Nadia Galli
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Curiosamente, la chiesa non ha campanile ma una cella campanaria posta su un colle vicino e raggiungibile salendo una scala di novanta gradini. Poco distante, verso est, su una collina, sorge l’oratorio di Santa Maria, forse da identificare con una delle scomparse chiese parrocchiali.

L’oratorio di S. Maria fu quasi rifatto nel 1816: ha una statua lignea della Madonna col Bambino.

L’oratorio della Sacra Famiglia fu eretto nel 1824 e in esso furono portate le reliquie trovate muovendo le famose quattro croci, sparse per Bologna, ora in S. Petronio.
Non esiste più l’oratorio della Beata Vergine Assunta, detta la Madonna del Tignani, citato alla fine del XVIII secolo.

Il Calindri scrisse che, alla fine del ‘700, il territorio produceva «uva molta e preziosa». E così è, nel tempo il luogo ha mantenuto la sua peculiarità produttiva. Ma, resto meravigliata quando vedo anche alberi di ulivo, perché il freddo invernale, su queste colline non scherza.

Distaccato dalla sussidiale Chiesa di San Martino, la cella campanaria sostituisce il campanile.

Mi accingo alla salita della scalinata, il percorso è attorniato dalle siepi, quasi a dar sostegno alla faticata dei gradini. I gradini sono costruiti con  vecchie travi delle ferrovie.

Oltre alla minuscola costruzione, con le pareti pitturate e le arcate riprese in tonalità più cangiante, la veduta del paesaggio dona rinfrancamento ai novanta gradini della salita.

A 360 gradi un panorama mozzafiato con le belle colline ricoperte di boschi e di vigneti. Poco lontano e oggetto di escursione vi è il percorso “Via dei Gessaroli”, dai lati del Monte Rocca, consente, partendo da Zola Predosa di raggiungere proprio la Chiesa di San Martino di Tignano.  L’annesso alla Chiesa è un complesso che determina autonomia, l’orto, il forno, la catasta di legna, un muretto a terrazza e la lavanda che infonde ancora più tranquillità. Sull’abitazione religiosa, al n. 56, sotto alla targa del civico è ancora visibile la denominazione che ricorda la storia di Sasso Marconi: PRADURO e SASSO**.

Questo luogo silenzioso ha sicuramente infuso amore, tanto che la Famiglia Bussolari F.  ha ristrutturato il coperto del forno nel 2015.

La Chiesa, con la facciata volta a ponente presenta uno stile semplice, proprio come le chiese rurali, osservata dall’alto della collina della cella campanaria, sembra minuscola.

Tra queste dolci colline, culla di vegetazione e vigneti, dove sembra che il tempo scorra meno febbrilmente della città sottostante, è nella memoria di pochissimi testimoni l’Eccidio avvenuto l’8 ottobre 1944. A rammentare l’accaduto sono due lapidi e tante pagine rinvenibili googlandoTignano e Padre Mario Ruggeri”. Poiché non è di facile individuazione la lapide di Padre Ruggeri, sosto diverse volte, appena scorgo una persona e chiedo la strada per raggiungere il luogo della memoria. Mi indicano una strada da prendere e la lapide a bordo di una abitazione. Finalmente prendo la via giusta e mi fermo davanti alla lapide. Persino il pastore tedesco dell’abitazione, a ridosso del piccolo monumento, ravvisa il mio intento, allunga il muso tra le rime della cancellata e non abbaia.

Di lì, inizia il percorso per “l’Albero del Frate”.

Litografia, f. 13x17 ca. In: Corty Enrico - Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna. Bologna, Litografia Corty, Anno di pubblicazione 1844-1851 Collezione Cavalleri
Litografia, f. 13×17 ca. In: Corty Enrico – Le Chiese Parrocchiali della Diocesi di Bologna. Bologna, Litografia Corty, Anno di pubblicazione 1844-1851 Collezione Cavalleri

Ruggero Ruggeri, Padre Mario

28 febbraio 1913 San Benedetto Val di Sambro (BO) – 8 ottobre 1944 Scopeto di Sasso Marconi (BO)

Causa della morte: Esecuzione

Occupazione: Sacerdote

Ruggero Ruggeri, «Padre Mario», da Salvatore. Padre carmelitano dal 1942.

Nel 1926 entrò nel Marianato carmelitano di Vittorio Veneto (TV) e nel 1933 passò nel Seminario fiorentino per il corso di Teologia. Ordinato sacerdote nel 1936 con il nome di Padre Mario, nel 1942 fu destinato al convento carmelitano di S. Giovanni Battista di Ravenna.

Nel 1943 venne operato di un’ulcera gastrica, ma la sua salute non migliorò.
Nel 1944 gli fu diagnosticato un tumore allo stomaco e il 22 settembre 1944 ritornò a Scopeto (Sasso Marconi) per un periodo di convalescenza presso la sua famiglia.

La mattina dell’8 ottobre 1944, mentre stava vestendosi per recarsi in parrocchia a celebrare messa, i tedeschi irruppero in casa e, senza neanche dargli il tempo di calzare le scarpe, lo trascinarono nella colonna dei rastrellati fra i quali c’era anche don Pasquale Broccadello.  I tedeschi passavano di casolare in casolare per prelevare gli uomini validi e razziare viveri. Per la sua cagionevole salute e per la difficoltà di inerpicarsi lungo i sentieri, resi vischiosi da una pioggia torrenziale, aiutato dai compagni di viaggio, riuscì stentatamente a seguire la colonna dei rastrellati. Inoltre, i tedeschi si servirono dei rastrellati, compreso Ruggeri, per portare i viveri razziati. Passato a guado il torrente Oviletta, alle pendici di Monte Cervo, s’accasciò. Sotto le urla e le minacce degli aguzzini, con uno sforzo sovraumano, Padre Ruggeri si rialzò e raggiunse il maresciallo tedesco che, dopo avergli ordinato di fermarsi, lo ferì alla gola con due colpi di rivoltella.

Ormai agonizzante, fra i rantoli, invocò l’aiuto di Dio. Don Broccadello, sfidando i tedeschi, gli impartì l’assoluzione e recitò il De Profundis. Il carnefice, chinatosi, gli sparò un colpo alla tempia e gli asportò l’orologio ed il portafoglio sotto gli occhi attoniti dei rastrellati. Il corpo, abbandonato sotto una quercia, e coperto con un lenzuolo dagli abitanti della zona (pare da una donna), venne recuperato dai parrocchiani su indicazione di Don Broccadello. Solo dopo alcuni giorni fu prelevato e trasportato al cimitero di Tignano (Sasso Marconi) per la sepoltura il 14 ottobre 1944.


*Compagnia: è il nome volgare bolognese delle associazioni di mestieri.

**Fino alla prima metà del XX secolo il comune era denominato Praduro e Sasso, per assumere la denominazione di Sasso Bolognese con Regio Decreto del 20 giugno 1935, n. 1386. Successivamente, il Regio Decreto 7 marzo 1938, n. 293 stabilì l’attuale denominazione di Sasso Marconi, in onore del premio Nobel Guglielmo Marconi.

Autore

Nadia Galli

Nadia Galli, nata a Castel Maggiore (BO), laureata all’Università di Bologna, in Economia e Commercio, in Sociologia e poi in OMAPSOS (Organizzazione, Mercati, Ambiente, Politiche Sociali e Servizio Sociale) con curriculum Politiche Sociali e del Benessere è Istruttore presso l’Unione di Comuni Reno Galliera.  Giornalista pubblicista dal 2011 con la passione per la lettura e scrittura.

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