Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima. Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto.
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Testimonianze prestigiose di storia e arte della città, i palazzi e le chiese di Ferrara sono anche teatro di fantasiose leggende e miracoli.
Percorriamo insieme questo itinerario alla scoperta dei luoghi più evocativi e misteriosi, per scoprire cosa c’è oltre il Castello Estense…
Palazzina Marfisa d’Este
Splendido esempio di residenza signorile del ‘500 a Ferrara, la Palazzina Marfisa d’Este costruita per volere di Francesco d’Este, alla sua morte, passò in eredità alla figlia Marfisa. In questa dimora essa ospitò artisti e poeti, assecondando così il suo amore per l’arte, le lettere, la musica e soprattutto per il teatro. Marfisa sposò in seconde nozze Alderano Cybo e, nonostante i sette figli, continuò ad organizzare feste e ricevimenti, incantando con il suo fascino molti artisti dell’epoca, che la descrivono come una donna bella, fiera, dal carattere indipendente e volitivo. Torquato Tasso le dedicò questi versi:
Questa leggiadra e gloriosa Donna/di nome altero e di pensier non crudo/non ha per arme già lancia ne scudo/ma trionfa e combatte in treccia e n’gonna.
E imperiosa d’ogni cor s’inganna/colla man bella e col bel capo ignudo/del caro vel, onde fra me conchiudo/ch’ella sia di volar salda colonna.
Quando il ducato estense fu devoluto allo Stato Pontificio, e il papa Clemente VIII arrivò in città per prenderne possesso, Marfisa chiuse le finestre del palazzo in segno di protesta e, dopo la sua morte avvenuta nel 1608, si diffusero leggende e racconti fantasiosi, secondo i quali il suo fantasma sarebbe ancora presente all’interno della palazzina. Allo scoccare della mezzanotte, una luce verdastra illumina l’edificio e Marfisa esce dal portone principale su una carrozza fiammeggiante guidata da tre cavalli, inseguita dai fantasmi degli amanti che faceva precipitare nei pozzi-rasoio dell’edificio per liberarsene.
In realtà questi pozzi non sono mai stati ritrovati ma è suggestivo pensare alle vicende della affascinante Marfisa, che forse per la troppa indipendenza e spregiudicatezza, è stata circondata dopo la sua morte di un’aura oscura e misteriosa.
Santa Maria in Vado e il miracolo del Preziosissimo Sangue
La chiesa di Santa Maria in Vado è di origine antichissima e prende il nome dal luogo dove si trovava, alla confluenza cioè di un “guado” che consentiva di attraversare uno dei canali che scorrevano in quella zona, e viene ricordata come la chiesa del miracolo eucaristico.
E’ il giorno di Pasqua del 1171 e il priore Pietro da Verona celebra la messa. Al momento di spezzare il pane, un fiotto di sangue schizza verso l’alto e arriva fino alla piccola volta posta sopra l’altare. Paura e stupore pervadono i presenti che gridano al miracolo!
L’indagine che ne segue, condotta dai vescovi Amato di Ferrara e Gherardo di Ravenna, porta alla conclusione che le macchie sulla volta siano davvero il Preziosissimo Sangue di Cristo. L’accaduto viene interpretato come un segno divino di esistenza della presenza di Cristo, in un periodo di grande diffusione dell’eresia.
Da allora il luogo divenne meta di pellegrinaggio e ancora oggi si può visitare la piccola volta con le macchie di sangue, evidenziate da anelli dorati, lasciate all’interno della chiesetta, ampliata successivamente a partire dal 1495 per volere del duca Ercole I d’Este dall’architetto Biagio Rossetti.
Monastero di Sant’Antonio in Polesine e l’acqua della Beata Beatrice II d’Este
I visitatori quando arrivano al Monastero di Sant’Antonio in Polesine sono accolti da un’atmosfera di pace e silenzio, interrotta solo dal canto gregoriano che si diffonde nella chiesa pubblica, e che amplifica la meraviglia di fronte agli affreschi del coro delle monache. E’ qui che ogni anno si ripete il miracolo: dall’autunno alla primavera, dal sepolcro della Beata Beatrice, stilla un’acqua dalle proprietà taumaturgiche.
Si racconta che Beatrice II d’Este, figlia di Azzo VII, avesse scelto la vita monastica rinunciando alla mondanità della corte e, con un gruppo di nobildonne, avesse formato una piccola comunità di sorelle votate alla regola benedettina. La comunità si allargò rapidamente e, grazie all’intervento del padre, Beatrice fondò il nuovo monastero.
Quando Beatrice morì, le consorelle conservarono l’acqua con cui avevano lavato il corpo in piccole ampolle e le distribuirono ai fedeli che volevano avere un ricordo della monaca. Quest’acqua, che si racconta profumasse di violetta, operò guarigioni miracolose e, diffusasi la notizia, il monastero divenne meta di pellegrinaggi. Il suo corpo, sepolto nell’angolo del primo chiostro del convento, vicino alla chiesa, rimase incorrotto per 250 anni, cioè fino al 1512.
Oggi le sacre spoglie sono poste sotto l’altare e sono contenute in una scultura di rame sbalzato. L’originale pietra sepolcrale è collocata in un angolo dello stesso ambiente, davanti alla quale i visitatori possono sostare prima di accedere al coro decorato con i magnifici affreschi trecenteschi di scuola giottesca.
Monastero del Corpus Domini e il miracolo del pane
Il monastero del Corpus Domini a Ferrara, che accoglie le spoglie di Lucrezia Borgia e di molti membri della famiglia Este, fu fondato dalla nobile Caterina Vegri che abbandonò i lussi della corte per ritirarsi a vita religiosa. Si racconta che un giorno al monastero arrivò un santo padre, famoso per le sue prediche e che molti nobili presero parte all’evento. Caterina, nel suo compito di fornaia, aveva preparato il pane e l’aveva appena messo nel forno a cuocere, quando suonò la campanella che invitava tutte le suore a partecipare alla predica. Chiuse il forno, lo benedì e disse al pane: “Ti raccomando al Cristo mio”. Quattro ore durò la predica. Al termine Caterina corse al forno e con grande stupore di tutte le suore e dei nobili presenti sfornò un pane colorito e fragrante. A ricordo di quell’evento miracoloso, ogni anno il convento di clausura apre agli inizi di marzo a chi desidera visitare il chiostro e il luogo del miracolo, in virtù del quale Caterina Vegri fu dichiarata santa. In tale occasione le monache distribuiscono il pane benedetto preparato da loro.
Il Mago Chiozzino - Via Ripagrande
Nella zona medievale della città, percorrendo via Ripagrande, strada che un tempo costeggiava l’antico corso del fiume Po, si incontra un antico edificio caratterizzato da un’ ampia arcata chiamata “il Volto del Chiozzino”, dal nome dell’ingegnere Bartolomeo Chiozzi che abitava al n.29 della via.
Giunto a Ferrara dalla città di Mantova dove era nato nel 1744, si dedicava a studi ed esperimenti di fisica e chimica in un periodo in cui la scienza era ancora avvolta dal mistero. Era riservato e taciturno, si mostrava poco in giro e aveva un fedele servitore e garzone di nome Magrino. A causa delle sue stranezze l’ingegnere appariva come un personaggio malefico: si diceva che rovistando in cantina, avesse scovato un libro di formule magiche per evocare il demonio e stringere con lui un’alleanza. Ben presto cominciò a girare il sospetto che avesse venduto l’anima al diavolo diventando così il Mago Chiozzino.
La sua storia prosegue nella vicina chiesa di San Domenico, dove una mattina si recò seguito dal suo servitore, forse stimolato dagli effetti delle preghiere della devota moglie; con una scusa mandò a casa il servitore che cercava di dissuaderlo ed entrò. Mentre riceveva la benedizione però giunse inaspettatamente Magrino che, non riuscendo ad entrare e colpito da qualche goccia di acqua benedetta, fu preso da un forte moto di rabbia e stravolto, con occhi di fuoco e piedi di forma caprina, diede una potente zampata sulla porta di ingresso tanto da lasciare un’impronta che ancora oggi si può vedere sullo stipite del portale della fiancata. Bestemmiando, fuggì oltre le mura della città fino al Barco, diventando da allora ‘l’urlòn dal barch’, le cui grida ancora oggi si fanno sentire nelle notti di bufera.
Autore
Redazione Ferrara-Comacchio
Un territorio tra terra e acqua, il cui fascino lascia incantati i visitatori.
Nella provincia ferrarese si può viaggiare per ore e non smettere di emozionarsi, tra le splendide città d’arte di Ferrara, capitale del Rinascimento e patria degli Estensi, e Comacchio, l’immutata città sull’acqua con la sua suggestiva rete di ponti e canali.
Il tutto contornato dalla straordinarietà del Parco del Delta del Po, riserva Mab Unesco, e dalle tante emergenze architettoniche e naturalistiche ch punteggiano il paesaggio
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