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Le Grotte di Labante a Castel d’Aiano non sono soltanto formazioni di origine carsica immerse nell’Appennino bolognese, situate a circa 45 chilometri dal capoluogo emiliano.
Quest’oasi naturale è un luogo unico nel suo genere, noto agli speleologi di tutta Italia per via di un fenomeno molto particolare, difficilmente riscontrabile altrove.
Ma facciamo un passo indietro. Come sono nate queste grotte?
La loro origine è legata all’antica sorgente di San Cristoforo che sgorga pura a 622 metri di altezza e rifornisce d’acqua i comuni della zona. È proprio questa sorgente ad alimentare la cascata d’acqua che dalla sommità delle grotte si tuffa nel laghetto sottostante, creando un effetto molto scenografico (e molto fotografato!).
La peculiarità delle acque di Labante è l’alta concentrazione di carbonato di calcio presente al loro interno, che secolo dopo secolo si è depositato dando vita alle attuali rocce di travertino. Le grotte che vediamo oggi, dunque, non sono nate per erosione da parte di acque sotterranee bensì per un lungo processo di sedimentazione del calcare sulla roccia.
Ecco perché le Grotte di Labante si definiscono grotte primarie, ovvero nate insieme alla roccia che le ospita.
Un fenomeno piuttosto raro, ma non è l’unico che le caratterizza. Solitamente le grotte primarie nei travertini non superano i 4-5 metri di lunghezza; quelle di Labante invece misurano ben 54 metri e presentano un dislivello di 12.
Numeri da record, che le rendono le grotte più grandi d’Italia nel loro genere oltre che un Sito di Importanza Comunitaria (SIC).
La visita alle Grotte di Labante
Nonostante le grotte non siano accessibili ai visitatori se non per brevi tratti, lungo il percorso è comunque possibile osservare alcuni fenomeni tipici di questo luogo.
Avvicinandovi alle rocce noterete che sono piuttosto porose e presentano piccole cavità che assomigliano a delle bolle: si tratta di formazioni dovute alla fuoriuscita di anidride carbonica, il cui aspetto ricorda quello di una spugna. Non a caso il travertino viene definito proprio “sponga” o “spunga” nel dialetto locale.
Pensate che il travertino delle Grotte di Labante venne utilizzato addirittura dagli Etruschi per la costruzione della necropoli di Kainua a Marzabotto (VI-V secolo a.C.) e di altri siti tuttora visitabili, oltre che per le tombe rinvenute presso i Giardini Margherita di Bologna.
Un’altra caratteristica tipica delle grotte sono le cosiddette “perle di Labante” o perle di grotta, presenti in alcuni punti della pavimentazione. Il nome scientifico di queste formazioni è pisoliti, ma il paragone con le perle è piuttosto calzante data la loro forma sferica e le piccole dimensioni.
Durante la visita ricordatevi infine che vi trovate al cospetto di un luogo vivo, le cui rocce mutano ancora oggi il proprio aspetto per via del continuo passaggio dell’acqua. L’esempio più eclatante è quello della pietra da cui sgorga la cascata, che anno dopo anno si protende sempre più in avanti.
Grotte di Labante: come arrivare
Le Grotte di Labante si trovano a Castel d’Aiano (BO), nei pressi della chiesa di San Cristoforo di Labante. Potete raggiungerle in auto da Bologna in poco più di un’ora di viaggio e parcheggiare gratuitamente nell’area adiacente alla chiesa. Da lì un sentiero vi porterà in breve tempo alle grotte.
Il parco che circonda la cascata è attrezzato con tavoli da pic nic e offre molte possibilità per gli amanti dei trekking. Chi desidera esplorare meglio l’area può infatti imboccare uno dei suggestivi sentieri CAI che si dipartono a pochi metri dalla cascata.
Autore
Maria Grazia Masotti
Eterna sognatrice con i piedi per terra. Cresciuta in campagna e amante delle grandi città. È sempre pronta per un viaggio, purché sia sostenibile.
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