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I formaggi tipici dell’Emilia-Romagna. Tutte le forme del latte

di /// Marzo 14, 2024
Tempo stimato di lettura: 7 minuti

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Puoi degustarli all’aperitivo in abbinamento a un buon calice di vino, o a fine pasto con miele e marmellate. Puoi usarli anche per la preparazione di primi piatti saporiti o servirli in purezza come secondi. È uno degli alimenti più versatili in cucina perché si presta a tantissime interpretazioni, sia dolci che salate. Naturalmente parliamo dei formaggi, in particolare dei formaggi tipici dell’Emilia-Romagna.

Custodi di una storia antica spesso radicata nel Medioevo, i formaggi della nostra regione sono l’espressione della maestria dei casari, che per secoli hanno affinato le loro tecniche di produzione con un unico obiettivo: raggiungere l’eccellenza.

Sei sono le DOP dell’Emilia-Romagna, ma molti di più sono i prodotti tradizionali che abbondano nelle botteghe e trionfano sulle tavole imbandite. Seguici alla scoperta del loro gusto inconfondibile.

 

Provolone Valpadana Dop

Provolone Valpadana DOP | Ph. provolonevalpadana.it
Provolone Valpadana DOP | Ph. provolonevalpadana.it

Approdato nella Pianura Padana dopo l’Unità d’Italia, il Provolone Valpadana Dop è un formaggio a pasta filata dalla forma molto caratteristica e riconoscibile: a salame, a pera o a melone, tronco-conica e a volte anche a fiaschetta. Il suo ingrediente di base è il latte di vacca proveniente da allevamenti situati principalmente tra Lombardia e Veneto; in Emilia-Romagna si produce in particolare nell’area di Piacenza.

Una volta concluse le fasi di salatura e stagionatura, il Provolone è pronto per essere degustato nelle sue due varianti, dolce e piccante. Come abbinarlo a tavola? Se dolce puoi aggiungerlo alle insalatone o usarlo come ingrediente per gli antipasti; se piccante è perfetto invece nelle torte salate, nelle fondute o con riccioli di burro fresco.

Grana Padano Dop

Grana Padano DOP | Ph. Kitreel via Shutterstock
Grana Padano DOP | Ph. Kitreel via Shutterstock

Come vedremo per il Parmigiano Reggiano, anche la storia del Grana Padano Dop affonda le sue radici in epoca medioevale. Le prime menzioni del caseus vetus, poi rinominato grana, risalgono infatti all’anno Mille.

Ottimo sia grattugiato su un buon primo della tradizione, ma anche a scaglie, come ingrediente di piatti freddi e insalate, il Grana Padano Dop si presenta nella classica forma cilindrica con un peso che varia dai 24 a 40 chilogrammi, e l’immancabile marchio a fuoco che ne garantisce la conformità al disciplinare. Il latte di vacca impiegato per la sua produzione proviene da varie regioni; gli allevamenti emiliano-romagnoli abbracciano buona parte delle province (Bologna a destra del fiume Reno, Ferrara, Forlì-Cesena, Piacenza, Ravenna e Rimini).

Una volta negli stampi il Grana Padano Dop deve stagionare almeno 9 mesi prima di essere messo in commercio. Il risultato è un formaggio dal sapore delicato, che in una scaglia concentra le sostanze nutritive di ben mezzo litro di latte.

Parmigiano-Reggiano Dop

Parmigiano Reggiano DOP | Ph. Camilla Bertuzzi
Parmigiano Reggiano DOP | Ph. Camilla Bertuzzi

Il Parmigiano-Reggiano Dop nasce nel Medioevo da un’esigenza specifica, quella di creare un formaggio che si potesse conservare a lungo. Ecco allora che i monaci cistercensi e benedettini, forti del sale di Salsomaggiore e del latte delle proprie vacche, iniziarono a produrre un formaggio a pasta dura di grandi dimensioni.

Oltre ad essere il protagonista di moltissimi primi piatti regionali, il Parmigiano Reggiano vanta un primato notevole: tra i formaggi a pasta dura è quello che stagiona più a lungo. Secondo il disciplinare la stagionatura non può durare meno di 12 mesi, e spesso si protrae fino a 36 o 40.

Ma come si produce il Parmigiano? Anzitutto, come ogni Dop che si rispetti il Parmigiano è dotato di una zona di allevamento e produzione specifica, che comprende le province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna a sinistra del fiume Reno, oltre a Mantova a destra del fiume Po. Il latte, poi, dev’essere crudo e munto in due volte, di mattina e di sera, prima di essere unito al caglio e cotto. La salatura avviene dopo qualche giorno, dopodiché si passa al processo di stagionatura; quando poi le forme superano la fase di espertizzazione – la battitura con martelletto che verifica la presenza di eventuali difetti – si appone il marchio finale.

Osservare il processo di produzione, dall’aggiunta del caglio alla marcatura a fuoco, è un’esperienza affascinante cui si può assistere ogni anno durante il weekend dei Caseifici Aperti.

Squacquerone di Romagna Dop

Squacquerone di Romagna DOP
Squacquerone di Romagna DOP

Abbinato alla rucola per farcire la piadina, assaporato con miele, marmellate e fichi caramellati, o ancora utilizzato come condimento per la pasta. Lo Squacquerone di Romagna Dop è un formaggio a pasta molle dal gusto dolce e leggermente acidulo, che si presta a molte combinazioni di gusto.

Vera istituzione della Romagna, lo squacquerone si ottiene dal latte vaccino con l’aggiunta di fermenti lattici; la maturazione molto breve (da 1 a 4 giorni) conferisce al formaggio la sua caratteristica cremosità. Prodotto tra Ravenna, Forlì-Cesena, Rimini, Bologna e parte della provincia di Ferrara, a differenza dei formaggi tipici dell’Emilia-Romagna incontrati finora la storia dello squacquerone è piuttosto recente, poiché risale all’Ottocento.

Formaggio di Fossa di Sogliano Dop

Formaggio di Fossa di Sogliano DOP | Ph. Marco Fortini
Formaggio di Fossa di Sogliano DOP | Ph. Marco Fortini

La stagionatura di un formaggio è un processo sorprendente, a tratti magico. È quello che accade con il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, prodotto tipico delle zone di Forlì-Cesena, Rimini, Ravenna e in parte anche della provincia bolognese (oltre che marchigiano), che prima di arrivare sulle tavole trascorre da 80 a 100 giorni all’interno di fosse scavate nell’arenaria.

Se in epoca medievale l’infossatura rispondeva alla necessità di conservare il formaggio e proteggerlo da eventuali furti, oggi questa tecnica è impiegata per conferire al prodotto aromi e profumi inconfondibili che riportano alla mente il sottobosco. Ingrediente essenziale del Formaggio di Fossa di Sogliano è naturalmente il latte, ovino, vaccino o misto, che dopo la coagulazione viene pressato e salato prima di procedere alla maturazione e all’infossatura, solitamente a fine agosto. Il momento della sfossatura, poi, è un evento molto atteso, e per tradizione si festeggia il 25 novembre.

Quanto al gusto, il Formaggio di Fossa può risultare fine ma anche intenso a seconda del tipo di latte utilizzato. Per degustarlo al meglio è consigliato abbinarlo a miele, marmellata di fichi o savor (mosto di uva cotto con frutta); si può inoltre impiegare nella preparazione di primi piatti e gratinati.

Casciotta d'Urbino Dop

Casciotta di Urbino DOP | Ph. casciottadiurbino.it
Casciotta di Urbino DOP | Ph. casciottadiurbino.it

La zona di produzione della Casciotta d’Urbino Dop coincide con la provincia di Pesaro-Urbino, ma alcuni allevamenti si trovano sulle colline di Rimini, tra San Leo, Novafeltria e Sant’Agata Feltria. Formaggio molto apprezzato dai duchi di Montefeltro e Della Rovere (e tradizione vuole anche da Michelangelo), la casciotta veniva consumata già nel Quattrocento.

La sua pasta morbida e semicotta, di color giallo paglierino, è un mix di latte ovino (70-80%) e vaccino (20-30%) stagionato tra i 20 e i 30 giorni, che conferisce al formaggio un sapore dolce e delicato, con sentori di erba fresca. A tavola, gli abbinamenti sono pressoché infiniti. Qualche esempio? La casciotta si sposa a meraviglia con la crescia sfogliata di Urbino, oppure con pane e salumi, come ripieno per i tortelli ma anche a fine pasto, accompagnata dalle marmellate.

Raviggiolo

Raviggiolo dell’Appennino Tosco- Romagnolo
Raviggiolo dell’Appennino Tosco- Romagnolo

Uno dei presidi Slow Food dell’Emilia-Romagna, il Raviggiolo è una prelibatezza dell’Appennino romagnolo, prodotta tra l’Alta Valmarecchia, il Montefeltro e la valle del Savio e del Tramazzo. Già diffuso nel Cinquecento, questo formaggio a base di latte vaccino e caglio, lavorato appena munto, è il risultato della semplice colatura della cagliata che viene poi salata in superficie.

Il prodotto finale è una forma circolare a pasta morbida, solitamente avvolto con rametti di felce, da consumare entro pochi giorni dalla preparazione. Ecco perché il periodo del raviggiolo solitamente coincide con l’autunno e l’inverno. Ingrediente principe dei cappelletti romagnoli, se consumato fresco si sposa a meraviglia con il miele e le marmellate.

I pecorini dell'Emilia-Romagna

Pecorino dell'Emilia-Romagna | Ph. agricoltura.regione.emilia-romagna.it
Pecorino dell’Emilia-Romagna | Ph. agricoltura.regione.emilia-romagna.it

Tra i formaggi tipici dell’Emilia-Romagna troviamo anche vari tipi di pecorino, prodotto tradizionalmente nelle zone collinari e appenniniche della regione. Il Pecorino dell’Appennino reggiano, ad esempio, testimonia la diffusione degli allevamenti ovini sulle montagne di Reggio Emilia, pratica antichissima che si attesta già prima dell’anno Mille. Fresco o stagionato, a pasta tenera o semidura, fino all’Ottocento questo tipo di pecorino era addirittura più comune del parmigiano.

Spostandoci più a sud sulle colline e prime montagne delle province di Bologna, Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini, troviamo invece il cosiddetto Pecorino del pastore, uno dei formaggi più presenti sulle tavole romagnole. Dal sapore dolce e dalla pasta semidura, questo pecorino stagiona dai 4 agli 8 mesi ed è rivestito esternamente di olio di oliva o conserva di pomodoro.

C’è poi il Pecorino maturato in grotta prodotto nel territorio di Forlì-Cesena, precisamente a Predappio Alta. In questo angolo di Romagna si estende una grande miniera di zolfo, le cui grotte sono sfruttate per la stagionatura di ottimi formaggi. Come avviene per il Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, anche il pecorino di Predappio viene “ingrottato” in estate per poi essere estratto a novembre. Il suo sapore è deciso e leggermente piccante, con una nota dolceamara conferita dall’impiego di caglio vegetale.

Anche il Pecorino riminese è realizzato con caglio naturale, un mix di erbe, frutta, spezie ed altri ingredienti che rendono il formaggio particolarmente digeribile, oltre che molto profumato. Spesso viene lasciato stagionare per più di un anno prima di essere degustato.

La robiola di Piacenza

Ribiola della Bettola | Ph. onaf.it
Ribiola della Bettola | Ph. onaf.it

Oltre al Provolone della Valpadana Dop, nell’area di Piacenza si può degustare un’altra specialità preparata con latte vaccino. È la Ribiola della Bettola, tipica della Val Trebbia e della Val Nure. Questo formaggio a pasta semidura, detto il ribiol, deve il suo appellativo al re Filippo V di Spagna che nel Settecento lo menzionava come “robiola della bettola”.

L’area della Val Tidone è invece patria della Robiola (detta anche ribiola o furmai nis), un formaggio fresco di pecora mantecato con latte, zucchero, vino oppure grappa/cognac, coperto con olio e conservato in vasetti di vetro finché non acquisisce una nota piccante.

Formaggetta fresca di Reggio Emilia

La storia della Formaggetta fresca della provincia reggiana, in dialetto furmaìn, è radicata nelle tradizioni contadine del territorio. Questo formaggio a base di latte vaccino veniva prodotto in casa in piccole forme (o formaggette appunto) già nel Cinquecento, perfette per essere trasportate e consumate durante i lavori in campagna. Oggi il furmaìn si presenta come un formaggio fresco, grasso e a pasta semidura., che ben si abbina a vini bianchi non molto alcolici.

I formaggi del riminese

Il territorio di Rimini, e in particolare l’area del Montefeltro, vanta una ricca produzione casearia. A partire dalla Caciotta, realizzata con un misto di latte vaccino, ovino e/o caprino, che nel Montefeltro stagiona dai due ai sei mesi in recipienti di legno o terracotta ricoperti di foglie di noce, e dalla Caciotta vaccina al caglio vegetale, che per la cagliata utilizza il fiore del carciofo e del cardo, un tempo chiamata proprio “erba cacia”.

Dal latte di capra locale si ottiene poi il Caprino, un formaggio dal gusto sapido e piccante, prodotto in primavera e autunno. Il Cascio pecorino lievito contiene esclusivamente latte di pecora intero, e stagiona per 20-30 giorni; il Casecc, infine, viene realizzato con latte di mucca e/o di pecora. Il suo sapore aromatico e deciso deriva dal processo di stagionatura, che avviene adagiando il formaggio su foglie di noce per i primi otto giorni e poi riponendolo in orci di terracotta.

Autore

Maria Grazia Masotti

Eterna sognatrice con i piedi per terra. Cresciuta in campagna e amante delle grandi città. È sempre pronta per un viaggio, purché sia sostenibile.

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