Un nuovo episodio della nostra video-rubrica dedicata alle attività fatte a mano tipiche dell’Emilia-Romagna ci porta a Ravenna, a scoprire come l’antica arte del Mosaico Ravennate sia arrivata fino ai giorni nostri.
La nostra ospite è Arianna, mosaicista nata e cresciuta a Ravenna, che assieme al marito Luca, anch’esso mosaicista, ha aperto una bottega specializzata nella produzione di mosaici, portando avanti l’antica tradizione e al contempo modernizzandola.
Come avete iniziato a fare questo lavoro?
Sia io che mio marito, Luca Barberini, siamo Ravennati e abbiamo fatto l’Istituto d’Arte per il Mosaico, la scuola superiore specializzata nell’arte, con indirizzo mosaico; dopodiché io ho anche frequentato la Scuola per il Restauro del Mosaico quindi sono entrata in contatto con i mosaici antichi, per studiarli e restaurarli appunto.
Dopo qualche anno da restauratrice, nel 2000 ho vinto una borsa di studio e lì ho conosciuto mio marito (non ci siamo conosciuti a scuola perché lui ha 5 anni in meno di me). Durante questa esperienza, che è durata ben 5 anni, non solo abbiamo realizzato 3 mostre con riproduzioni di mosaici antichi ma è anche nato l’amore; da lì abbiamo poi deciso di aprire il nostro laboratorio, era il 2005.
Il nostro laboratorio è inteso come una bottega dove portiamo avanti l’antica tradizione, quindi utilizziamo gli stessi materiali che usavano in antichità, le paste vitree (che si chiamano smalti), i marmi, le pietre, i ciottoli di fiume.
In più utilizziamo gli stessi attrezzi, la martellina e il tagliolo.
Ma ovviamente oltre alla tradizione mettiamo anche del nostro, del contemporaneo, e in questa parte Luca ha trovato proprio la sua direzione artistica; quindi le nostre strade si sono un po’ distinte: io seguo la parte più legata al mosaico antico e ai lavori su commissione, oltre all’insegnamento.
Come è nata in te la passione per il mosaico?
Quando ero una bambina, perché mi ricordo che la prima volta che ho visto un mosaico fu durante una visita scolastica a San Vitale e io me ne innamorai, non avevo mai visto niente di simile, i colori con questa materia erano più luminosi, interagivano con la luce e lo spazio era molto emozionante per me e quindi da lì ho subito avuto una forte curiosità nei confronti del mosaico e da lì tutta la mia carriera scolastica è venuta di conseguenza, ed è stato molto semplice abitando a Ravenna.
Cosa contraddistingue il vostro lavoro?
Io mi occupo molto di insegnamento, portando avanti questa tecnica così antica e rara. Laboratori come questo si trovano qui a Ravenna e forse in nessun’altra parte al mondo, quindi vengono persone un po’ da tutte le parti del mondo a imparare la nostra tecnica, che si chiama tecnica ravennate su supporto provvisorio ed è utilizzata appunto solo qui a Ravenna. Poi utilizziamo molto anche una tecnica diretta su cemento, quindi su supporto definitivo, e questa è quella più simile alla tecnica antica.
Luca invece ha trovato il suo modo espressivo nel mosaico ed ha rielaborato la tecnica antica: lui utilizza sempre la tecnica diretta su cemento e gli stessi materiali che si usavano in antichità, ma con una modalità che sintetizza quello che è il mosaico: con poche tessere riesce a rendere l’idea di una situazione, un’emozione, una scena particolare che può essere del quotidiano ma anche temi politici o più bizzarri. Lui riesce a raccontare delle storie: guardando i suoi mosaici si vedono della scene ad esempio di immigrati, di confini, di confronti tra persone (questo è un tema che ha iniziato a trattare negli ultimi 2 anni); poi ci sono anche dei temi più leggeri, come il condominio creato da tanti mosaici che rappresentano altrettante finestre dove all’interno succede qualche cosa: in quasi 4 anni ha realizzato più di 1000 finestre.
Che tipo di materiali utilizzate?
Come materiali usiamo in primo luogo i marmi, per lo più italiani; li prendiamo dall’edilizia, li compriamo in lastre e li tagliamo usando martellina e tagliolo. Andiamo a posizionare sul tagliolo il pezzo di marmo e poi lo andiamo a colpire, lo tagliamo sempre a metà finché arriviamo alla dimensione che ci serve e questo ovviamente dipende dal mosaico che dobbiamo realizzare; a seconda di questo la tessera potrà essere tendenzialmente quadrata di grandezza attorno al centimetro se è una copia di un mosaico romano, oppure se si tratta della riproduzione di un mosaico di Pompei, dove realizzavano mosaici molto raffinati con tessere molto piccole, con questi attrezzi riusciamo a tagliare fino a 1 millimetro.
Allo stesso modo tagliamo anche il vetro, ma cambiando la martellina. I vetri da mosaico, che in realtà si chiamano smalti, li compriamo da Venezia, dove ci sono solo 3 fornaci che li producono e si possono avere fino a 3000 sfumature; anche in antichità avevano la possibilità di avere questa variabilità di colori. A noi arriva in forma di “pizza”, o piastra, e noi lo tagliamo anche qui a seconda del mosaico che dobbiamo realizzare. Il vetro però non lo tagliamo subito con la martellina e il tagliolo, lo andremmo a rovinare, c’è prima un altro passaggio: ovvero un’incisione con un semplice tagliavetro per ridurlo in dimensioni minori.
Poi usiamo anche l’oro, o meglio una foglia d’oro (le stesse che si usano anche in pittura, per le icone) che viene posizionata tra due strati di vetro, uno più spesso che fa da base e uno di vetro soffiato quindi molto sottile, che con il calore della fornace diventa un pezzo unico, e questo è lo stesso modo che si utilizzava 1500 anni fa, al periodo dei mosaici ravennati; ovviamente questo è il materiale più costoso per noi.
Quanto tempo ci vuole per realizzare un mosaico?
La creazione di un mosaico è molto variabile: dipende da quanto è complicato il soggetto, da quanto è grande il mosaico e da quanto sono grandi le tessere che lo compongono; due mosaici della stessa grandezza posso richiedere anche tempi molto diversi in base al numero dei colori presenti, al tipo di marmo, alla grandezza delle tessere.
In quanti siete in laboratorio?
Nel nostro laboratorio di base siamo noi 3: io, mio marito Luca e la nostra assistente Vittoria; poi a volte ospitiamo degli studenti per esempio in Erasmus che vengono a imparare la tecnica e quindi ci aiutano anche nella produzione, o quando capitano delle commissioni più grandi. Una volta per esempio abbiamo realizzato una decorazione per una moschea in Oman: un mosaico di quasi 500mq per il quale abbiamo impiegato un anno di lavoro con l’aiuto anche di altri assistenti.
Come è nato il nome KoKo Mosaico?
Noi per tanti anni abbiamo avuto una collaboratrice giapponese, Takako Hirai, che è un’artista mosaicista che ora ha avviato un percorso artistico in proprio e vive qui a Ravenna. Quando abbiamo aperto la bottega e dovevamo decidere il nome, l’dea è venuta proprio a lei: Koko in giapponese significa qui, quindi Koko Mosaico significa “qui puoi trovare il mosaico” e anche il nostro logo riprende l’idea del punto rosso che marca il “tu sei qui” su una cartina, ma sviluppato con le tessere del mosaico.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Un aspetto del mio lavoro che amo in particolare è la collaborazione con gli artisti. Per esempio qualche anno fa è capitato nel nostro laboratorio un artista spagnolo; lui è rimasto incantato dai nostri mosaici e subito mi ha chiesto una collaborazione, quindi mi ha spedito i suoi dipinti e io da quelli ho realizzato l’interpretazione in mosaico, che poi sono anche stati esposti alla Biennale di Venezia.
Inoltre a me piace pensare al mio laboratorio come uno spazio aperto, un porto di mare perché comunque è così e quindi si fanno incontri, stare qui è quasi un po’ come viaggiare perché comunque si ha la possibilità di entrare in contatto per esempio con una persona che viene dalla Spagna per una settimana, comunque conosci anche la cultura, e questa è una cosa che trovo che mi arricchisca molto.
Chi viene a fare i corsi, solo mosaicisti o anche qualche curioso?
Direi un 50 e 50, la maggior parte delle persone che sono venute qua è perché avevano voglia di fare un’esperienza: di aprire una parentesi artistica nella loro vita, ma proprio una parentesi che inizia e finisce, e vengono qui perché hanno voglia anche di visitare una città non troppo grande, vivibile e in più imparare una tecnica.
Poi ci sono gli artisti veri e propri: pittori, designer e anche mosaicisti che vengono appositamente per imparare la nostra tecnica, perché di tecniche di mosaico nel mondo ce ne sono tantissime e noi qui a Ravenna abbiamo proprio le nostre che sono tutte di derivazione da quella antica romana-bizantina. Quelli che vengono dall’America, dall’Australia e anche dall’Europa usano altre tecniche, a volte anche altri materiali.
Noi siamo nati qui, abbiamo studiato qui, il mosaico ravennate fa proprio parte di noi; a volte penso che se dovessi andare da qualsiasi altra parte del mondo in qualche modo riuscirei a mettere su uno spazio simile, ma non uguale; ad esempio quando abbiamo fatto dei workshop in Giappone, abbiamo dovuto spedire tanti attrezzi, ma anche tanti materiali che lì proprio non hanno.
I vostri figli sono incuriositi dal vostro lavoro?
Loro sono praticamente nati qua dentro, questi materiali sono cose che loro hanno sempre visto anche perché io li ho fatti giocare con i nostri materiali, l’argilla, le tesserine; tra i due soprattutto il piccolo è un grande produttore, tutte le volte che viene qua vuole fare qualcosa, infatti noi speriamo chissà magari che sarà lui che potrebbe portare avanti questo lavoro, questa passione.
Ci descrivi la tecnica ravennate?
Questa è la base di argilla, una base provvisoria dove andrò a fare il mosaico; prima la devo lisciare tutta. La tecnica più utilizzata a Ravenna si chiama tecnica diretta su supporto provvisorio, generalmente il supporto provvisorio è la calce, in questo caso invece è con l’argilla, perché andrò a realizzare un mosaico con le tessere un po’ piccole e l’argilla ha una lavorabilità migliore rispetto alla calce.
Per fare la riproduzione di un mosaico antico bisogna partire dalla fotografia: noi abbiamo realizzato un rilievo grafico 1:1, ovvero siamo andati a ricalcare l’originale tessera per tessera, tranne il fondo per il quale abbiamo realizzato solo le linee degli andamenti delle tessere; questo disegno viene fatto con un pennarello idrosolubile che a contatto con l’argilla, che è umida, rilascia l’inchiostro quindi noi lo andiamo a posizionare sull’argilla, lo spingiamo bene e quando lo andiamo a togliere il disegno si è trasferito. Parallelamente abbiamo già tagliato il materiale e iniziamo la composizione.
Autore
Elisa Mazzini
Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.
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Silvio Di Silvio
Scusami, ma leggendo la tua descrizione sulla tecnica ravennate mi sembra che é sfatato trascurato il fatto che il disegno deve essere trasferito al rovescio. Io sto iniziando a eseguire dei mosaici ma sono in difficoltà per l’acquisto della rete in fibra di vetro idonea allo scopo. Potresti suggerirmi qualche sito per l’acquisto? Grazie!
Elisa Mazzini
Ciao Silvio, grazie per la precisazione. Per questioni più tecniche invece ti consigliamo di confrontarti direttamente con il laboratorio 🙂