Noi siamo rimasti attualmente gli unici che portano avanti questa tradizione…purtroppo.
Ce ne fosse un po’ di più sarebbe anche meglio
C’è, nascosto tra le colline di Forlì-Cesena, a pochi km dal borgo arroccato di Montetiffi, un piccolo laboratorio artigianale, l’unico rimasto a realizzare il testo, ovvero la teglia in terracotta tradizionalmente usata per cuocere la piadina.
Con la nostra video-rubrica dedicata all’artigianato e ai prodotti fatti a mano in Emilia-Romagna, oggi vi portiamo a Montetiffi, dal lavoro che Maurizio e sua moglie Rosella hanno scelto per salvaguardare un mestiere che altrimenti sarebbe stato abbandonato e dimenticato.
Perché le teglie vengono prodotte proprio a Montetiffi?
“Per via dell’argilla locale”, rispondono Maurizio e Rosella mentre tastano la terra che hanno raccolto appena qualche giorno prima, e dall’intensità che mettono nel movimento si capisce quanto questa materia prima sia fondamentale per la realizzazione del prodotto finale: “è una terra particolare, speciale, perché è la nostra”.
“La terra si va a raccogliere, si stende bene per far asciugare, poi si rastrella per portare via le impurità, e si sbriciola sempre di più. Quando è bella secca, la immagazziniamo e mano a mano che ci serve la maciniamo, facciamo l’impasto…e via andare”.
In realtà, svelano Maurizio e Rosella, si tratta di un mix di più tipologie di argilla: “è una miscela di terre colorate, non di due; noi diciamo due, di fatto sono molte di più, perché dipende anche dalla consistenza”. Ma, continuano, “sulla percentuale delle tipologie necessarie all’impasto, potremmo dire che si va a occhio ma in verità questo è l’unico vero segreto che i tegliai ci hanno fornito“: un segreto che, come tutti i trucchi del mestiere, va rispettato e tutelato, quindi evitiamo di indagare oltre.
Quali sono le fasi di produzione delle teglie?
“Riassumendo, le fasi sono 4: materia prima, fattura, essicatura, cottura“.
“Come abbiamo detto, l’argilla che costituisce la materia prima delle teglie viene raccolta sul territorio e stesa al sole per una giornata, in modo da farla seccare. Una volta pronta, la terra viene macinata, mantenendo una grana volutamente disomogenea. A questa mescola viene quindi aggiunta l’acqua, per creare l’impasto che la rende malleabile”.
“Inizia così la fase di fattura effettiva della teglia, che a sua volta segue un rigido disciplinare: si fa prima il fundel (il fondale), poi si fa l’urel (l’orlo), poi si fa l’urecha (l’orecchia) e hai fatto la teggia (la teglia)”, recita scherzoso Maurizio.
“Le teglie vengono quindi fatte essicare, ponendole su degli scaffali di legno e per almeno 20 giorni vengono girate ogni giorno, in modo che l’essicatura avvenga in maniera omogenea e senza far imbarcare la teglia. Dopo un mese le teglie vengono rifinite e poste su delle stuoie; da lì non vengono più toccate fino a quando l’essicatura è completata e le teglie sono pronte per essere cotte nel forno a legna”.
“In forno le teglie vengono disposte su 3 file parallele e cuociono, letteralmente attraversate dal fuoco, dalle 7 alle 9 ore fino a quando raggiungono una colorazione giusta; Pierino diceva da buio a buio”, ricorda Maurizio.
Quindi possiamo dire che questo prodotto è uguale da secoli!
“Sì, anche se le teglie che produciamo oggi rispetto a quelle di una volta sono più piccole, perché si sono adattate ai cambiamenti della società: oggi le famiglie sono meno numerose e la piada si fa una volta ogni tanto, in occasioni particolari. Così, con una grandezza di 30-31cm, le teglie oggi si possono usare anche sul gas (meglio se con un diffusore) o nel forno. E non solo per cuocere la piada ma anche il pane…c’è chi ci fa anche la pizza!”.
Ma la piada è sempre la piada…
“Sì, soprattutto in Romagna, e io ho questo pensiero: siccome per la piadina le ricette sono tante, io dico che quelli di Montetiffi le hanno assaggiate tutte! Perché i tegliai erano gli unici che si muovevano tanto nei posti dove viene fatta la piada. Di conseguenza, se durante gli spostamenti gli allungavano qualcosa da mangiare, sicuramente una piada c’era, ed era la piada di quel posto: che fosse di Ravenna, di Rimini o di Cesena, loro le hanno mangiate tutte! E poi secondo me qualche pezzo per curiosità lo portavano anche a casa, per farlo assaggiare alla moglie, alla famiglia”.
“A parte le dimensioni -a Rimini è sottile e bassa, a Ravenna è stretta e alta, come salta subito all’occhio- e il fatto che ogni famiglia ha la sua ricetta personale, cambiano proprio alcuni fondamentali: nella zona a monte della Via Emilia i contadini potevano garantirsi un condimento a base di olio perché c’era, mentre al di là dalla Via Emilia non c’erano gli ulivi. Magari usavano lo strutto, anche se una vescica di strutto di maiale doveva bastare per una famiglia intera, per cui figurati quanto ne poteva andare in quella piada: uno sbafo come si suol dire, anche perché nelle famiglie numerose di una volta si faceva la piada tutti i giorni, anche più volte al giorno!”.
Ma voi come avete iniziato a fare questo lavoro?
Maurizio si fa d’un tratto serio e racconta: “noi l’abbiamo fatto perché il lavoro non andasse perso: l’ultimo che lo faceva, Pierino, lo zio di Rosella, stava smettendo; un giorno siamo venuti a trovarlo e abbiamo visto questo calendario, che era molto particolare con queste foto d’epoca. Allora ho chiesto informazioni alla mamma di Rosella che mi ha detto:
“ah, quello è Pierino che fa ‘al teggi”
“..’al teggi? cosa sono ‘al teggi?”
“sono le teglie per cuocere la piadina” ha risposto lei.
Mi ha enormemente incuriosito, così le ho chiesto se fosse possibile scoprire questo mondo, che mi sembrava assolutamente impossibile che esistesse, e siamo venuti a trovare Pierino. Lui ci ha detto che avrebbe smesso a breve, io avevo voglia di trovare un altro lavoro che mi desse più soddisfazione, perché mi ero un po’ stancato di fare l’impiegato; io e mia moglie gli abbiamo chiesto se fosse disponibile a insegnarci il mestiere e lui ne è stato molto felice, perché era da tempo che sperava di trovare qualcuno interessato. E così, 19 anni fa, è nata la storia, da questo contatto occasionale, un calendario, ecco perché siamo qui: perché ci è piaciuto quello che lui faceva, ci è sembrato un lavoro davvero importante e legato a una storia che ha migliaia di anni”.
Oggi Maurizio e Rosella portano avanti questa tradizione con cura e attenzione, producendo le teglie, promuovendo il loro utilizzo in giro per l’Italia ad eventi e manifestazioni gastronomiche, ma anche dedicandosi per il possibile a far conoscere questo mestiere alle nuove generazioni, grazie a percorsi didattici specifici.
Per maggiori informazioni potete scrivere a letegliedimontetiffi@libero.it
Autore
Elisa Mazzini
Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.
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