Matteo, Alessandra e Giovanni erano amici da sempre. Erano, l’uno per l’altro, i primi amici conosciuti nella vita.
Abitavano nello stesso piccolo condominio, ognuno ad un piano diverso, in uno di quei suggestivi paesi che costellano la fascia più bassa dell’Appennino emiliano-romagnolo.
Erano tre bambini molto fortunati, insieme si divertivano in ogni situazione: gli bastava poco, un niente, un fiocco di neve, per inventare avventure che non finivano mai, che continuavano attraverso i giorni, addirittura gli anni.
Avevano una collina dietro casa, prati incontaminati in cui inscenare tutto quello che la fantasia dettava. Durante l’estate, ad esempio, diventava il luogo ideale in cui costruire capanne fatte con materiali di recupero, fortezze in cui nascondersi dal mondo, in cui dimenticare i compiti delle vacanze e i genitori impazienti di partire per il mare.
In inverno invece, beh, era proprio allora che accadeva la magia. A differenza degli adulti, aspettavano con trepidazione l’arrivo della stagione fredda per svegliarsi finalmente un mattino con le strade, le case, gli alberi e la loro adorata collina coperta da una spessa coltre di neve che, in poche ore, trasformava come per magia un semplice prato in un soffice tappeto su cui lanciarsi senza paura.
Se qualcuno avesse chiesto a quei tre bambini quale fosse la loro stagione preferita, avrebbero risposto tutti senza nessuna esitazione: l’inverno!
E fu proprio in inverno che un giorno, all’improvviso, videro ben due camion occupare per un’intera giornata il cortile di casa: per ore, scaricarono senza sosta mobili, scatole e scatoloni. Le mamme di tutto il palazzo erano in gran agitazione: l’unico appartamento rimasto vuoto per anni finalmente era stato comprato. E non da persone qualunque, bensì da una famiglia che veniva da lontanissimo. Da un’isola, nella fattispecie, dove la neve la si vedeva solo in televisione, in fotografia o sui libri. Mamma, papà e due bambini, Riccardo e Alice, erano scesi dall’auto con lo sguardo un po’ perso ma non sembrano tristi, tutt’al più sorpresi di trovarsi all’improvviso senza il mare davanti alla finestra del salotto, quasi fossero impreparati, quasi nessuno glielo avesse detto che il mare in Emilia Romagna non si vede dappertutto… E quella neve poi. Avevano tante aspettativ, se l’erano immaginata soffice come il cotone ma era fredda, bagnata. Gelata. Come avrebbero fatto a giocarci, a tuffarsi, ad amarla come era stato fino al giorno prima con il mare?
Per fortuna, Riccardo e Alice vennero accolti subito da Matteo, Alessandra e Giovanni, schierati in pompa magna per dare il benvenuto a quei due bambini che non sapevano giocare con la neve.
E adesso che si fa? chiesero i due fratelli, per la prima volta nella loro vita ben imbacuccati nelle tute imbottite, con tanto di guanti, sciarpa e cappello.
I tre bambini della collina, allora, iniziarono a dare dimostrazione della loro abilità nel fare battaglia a palle di neve, ma niente, i fratelli non erano affatto convinti. Avevano paura di farsi male.
Allora provarono a invogliarli a lasciarsi cadere all’indietro nei cumuli di neve fresca per poi ammirare l’impronta dei loro corpi, ma niente. Avevano paura che la neve entrasse nei vestiti.
Li invitarono a scivolare con loro sulle slitte ma i due fratelli rifiutarono subito, non sapevano come frenare.
I tre amici erano sul punto di scoraggiarsi ma ebbero improvvisamente un’idea: perché non usare la fantasia per immaginare la sabbia al posto della neve? Chiesero a Riccardo e Alice di organizzare tutti i loro giochi da spiaggia preferiti: fu allora che trovarono finalmente il modo di giocare con la neve. Con infinita pazienza, dimostrarono che era possibile costruire non solo i soliti pupazzi, bensì castelli, tunnel, trincee e piste per le biglie. I due fratelli si dimostrarono dei veri campioni a biglie e dei fantasiosi creatori di piste sempre diverse, mentre nessuno poteva battere Matteo, Alessandra e Giovanni nell’ideare sempre nuovi personaggi con cui animare con mille colori quei castelli e fortezze tutti bianchi.
Nonostante la neve fosse effettivamente fredda, anzi freddissima, impararono che nascondendo bene le mani e le orecchie ci si poteva tuffare e se anche un po’ di neve fosse scivolata nel collo non sarebbe successo niente: sarebbe stato un imprevisto simile a quando ci si tuffa in mare ed entra un po’ d’acqua nel naso. Notarono che le guance diventavano rosse ugualmente, proprio come dopo una giornata trascorsa sulla spiaggia: era proprio come stare in riva al mare, l’unica differenza è che non si poteva stare in costume, no?