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Parlami di tER è una serie di racconti dall’Emilia-Romagna. Sono sguardi d’autore gettati sulla regione da persone che son natie, vivono o semplicemente si sono innamorate di questa singolare, bellissima, terra con l’anima.
Se anche tu vuoi raccontare l’Emilia-Romagna che si vede dalla tua finestra sei benvenuto.
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Cento anni di Moto Guzzi. Andiamo a Gualtieri per conoscere Antonio Ligabue, il grande pittore che viaggiava in sella alle moto dell’Aquila.
Quello tra Antonio Ligabue e Moto Guzzi fu un legame intenso, che veniva spesso travasato nella sua arte. E ancor più potente fu il suo rapporto con il territorio che lo ospitò.
Il marchio dell’Aquila di Mandello del Lario è una delle case motociclistiche più amate e famose al mondo, una di quelle realtà di cui andare fieri, che continua a essere la massima espressione dei valori che i suoi fondatori ebbero a cuore.
In tutto il mondo le Moto Guzzi sono oggetto di culto di appassionati motociclisti, e fra loro potremmo fare nomi di molti personaggi famosi, distanti per formazione e storia, ma uniti dall’amore per questo marchio tutto italiano.
Tra tutti abbiamo scelto di andare a scoprire Antonio Ligabue, un artista di cui non si finirebbe mai di conoscere le mille sfaccettature.
Nella sua vita travagliata, ebbe 16 moto della casa di Mandello, con cui amava percorrere le placide stradine della bassa reggiana, immerso nella natura che tanto amava e da cui traeva ispirazione per le sue opere.
Siamo a Gualtieri, uno dei borghi più belli d’Italia in provincia di Reggio Emilia, per immergerci nel genio del grande pittore.
In questo piccolo centro si percepisce ancora la presenza di questo artista.
Ovunque chiediamo informazioni si apprendiamo curiosità ed episodi nuovi, che ci fanno capire di essere nel posto giusto. Al tavolo di un bar, all’edicola, o tra le stradine della golena dove andiamo a caccia dei luoghi in cui si rifugiava. Le storie si accavallano e si sfumano l’un l’altra, e capiamo che c’è tanto da scoprire.
Chi si è trovato almeno una volta ad attraversare questa porzione di territorio reggiano, a ridosso della golena del fiume Po, può comprendere come il paesaggio che lo caratterizza, possa facilmente destare emozioni contrastanti.
I viottoli della campagna, gelidi e malinconici in inverno, riescono a donare con la bella stagione degli scorci suggestivi. Ligabue, con la sua personalità travagliata e la sua storia di sofferenze, si consolava viaggiando in moto tra la fitta nebbia invernale e alla luce calda dei tramonti estivi.
Il rapporto con le sue amate Guzzi fu viscerale.
Furono per lui una presenza imprescindibile che travasava spesso nella sua arte e da cui traeva sollievo nel suo percorso tormentato e drammatico.
Ligabue venne espulso dalla Svizzera a soli vent’anni, e nel 1919 si trasferì a Gualtieri in provincia di Reggio Emilia, terra d’origine del padre adottivo. Nemmeno qui la vita fu facile, tra contrasti e incomprensioni, e la sua esistenza venne segnata anche da alcuni ricoveri in ospedale psichiatrico. Amato da alcuni, ma deriso dai più, visse in questo piccolo centro la sua vita adulta.
Con i soldi ricavati dalla vendita delle sue prime opere, il pittore acquistò una Guzzi, rigorosamente rossa. A bordo della sua moto cominciò a girare tra le vie della bassa reggiana con i suoi quadri legati sulla schiena.
L’artista cercava così di vendere le tele ai proprietari terrieri più ricchi e fu così che la sua moto divenne fedele compagna di vita, amata a tal punto da ritrarla in alcuni suoi dipinti.
Volevo Nascondermi, il film di Giorgio Diritti.
Alcune scene del pittore a bordo della sua Guzzi rossa, sono state inserite nel recente film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti (2020), che ha riscosso un incredibile successo tra il pubblico e che ha vinto numerosi e importanti premi.
Il lungometraggio racconta di una vita di sofferenze e di lotte interiori, e della genialità con cui Ligabue tradusse questa moltitudine di emozioni nelle sue opere. Un’arte in cui inquietudine, colori saturi, forme animali e gli immobili panorami della pianura emiliana si intrecciano.
Il regista e il suo team, per realizzare la sceneggiatura e carpire informazioni e dettagli, sono stati qui. Parlare con le persone, vivere il territorio e vedere i luoghi dove Ligabue visse e creò, ha permesso loro di realizzare un’opera capace di ritrarlo al meglio, seppur in modo romanzato.
Alla scoperta di Antonio Ligabue.
Con i suoi quadri, Antonio Ligabue, trasporta in un mondo autentico e, al contempo, visionario. Amava ritemprarsi nella natura e dava sfogo attraverso le pennellate di colore ai dolori di una vita sofferta.
I temi che troviamo nelle opere di Antonio Ligabue sono molto legati alla sua vita reale e a quella natura che lo accolse e in cui lui trovava rifugio. Gli autoritratti con cui lui scavava in fondo alla propria anima, i paesaggi della campagna a lui tanto cara, gli animali selvaggi che vide nei circhi svizzeri.
Un pittore tormentato e istintivo, capace di emozionare attraverso i suoi quadri.
Palazzo Bentivoglio ci accoglie a Gualtieri.
Il palazzo, di chiaro impianto rinascimentale, fu fatto edificare da Ippolito Bentivoglio nella seconda metà del ‘500. In origine il grande edificio era di pianta quadrangolare, e ospitava un’ampia corte centrale da cui si aveva accesso agli appartamenti nobili.
Ne rimane solo una parte, che splende nella piazza centrale di Gualtieri facendone un vero gioiello.
Bellissimo il Salone dei Giganti, con gli affreschi raffiguranti scene della “Gerusalemme Liberata” del Tasso, ma il motivo per cui ci troviamo qui è conoscere più da vicino Antonio Ligabue.
Palazzo Bentivoglio è sede, infatti, del Centro Studi Antonio Ligabue e custodisce numerosi dipinti, disegni, sculture e documenti relativi alla vita e alla produzione artistica del pittore.
Le opere custodite nel Museo permanente sono 22 olii e 5 sculture, oltre a fotografie e documenti originali fra cui le cartelle dei ricoveri nel Manicomio di San Lazzaro.
Nell’area espositiva è possibile vedere la proiezione di alcune riprese del pittore nella sua vita reale, mentre mette in pratica dei suoi rituali, e mentre dipinge.
Un luogo importante per tenere viva la memoria di Ligabue e per valorizzarne l’arte, che rende Gualtieri un importante centro culturale.
Quello che più ci ha emozionato è stato poter ammirare le foto che ritraggono l’artista in alcune scene della sua vita, come ad esempio quella in cui è immortalato con la sua amata Guzzi in una delle piazze di Gualtieri. Un’immagine reale che rimarrà tra i nostri ricordi preferiti di questa visita.
Torniamo in sella alla nostra Moto Guzzi V85TT sulle tracce di Antonio Ligabue, del resto non avrebbe avuto senso celebrare il centenario a bordo di una moto diversa.
Lasciamo Palazzo Bentivoglio per raggiungere la Casa Museo Antonio Ligabue, dove ci aspetta una bella esperienza.
Casa Museo Antonio Ligabue
La Casa Museo Antonio Ligabue è stata allestita da Giuseppe Caleffi nel 2014 per ricordare l’intreccio di vita tra la propria famiglia e Antonio Ligabue. L’artista fu infatti ospite del nonno Celso proprio nel fienile ora adibito a museo.
Ligabue arrivò a Gualtieri nel 1919, come ricorda la scritta sulla facciata d’ingresso della casa, e tutta la famiglia Caleffi fu coinvolta da questo stretto legame. Persino la madre di Giuseppe, che tenne la corrispondenza del pittore nel suo periodo più complicato, fino a scrivere l’epigrafe sulla sua lapide.
“Il rimpianto del suo spirito, che tanto seppe creare attraverso la solitudine e il dolore, è rimasto in quelli che compresero come sino all’ultimo giorno della sua vita egli desiderasse soltanto libertà e amore”.
Appena incontriamo il signor Caleffi ci pare già di conoscerlo da una vita.
Disponibile e generoso nei suoi racconti ed entusiasta nel condividere i ricordi, risponde subito al nostro quesito che riguarda l’amore di Ligabue per le Moto Guzzi.
Ma come ha fatto uno come lui, ricoverato più volte in un ospedale psichiatrico, a conseguire la patente?
Ligabue viveva a turno presso diverse famiglie, e ogni volta che veniva trovato a guidare senza patente le multe venivano recapitate a casa di chi lo ospitava. Tale situazione era ormai divenuta insostenibile. Occorreva trovare una soluzione.
Dopo continue insistenze dei cittadini che si trovavano a dover pagare le sue multe, riuscì ad acquisire la patente. Una legge in vigore a quei tempi infatti, impediva sì di guidare a chi aveva problemi psichiatrici, ma tale norma non riguardava le moto.
Conseguì quindi la patente, grazie alle conoscenze anche influenti che aveva acquisito in paese, ma il documento non fu mai del tutto regolare. Ligabue si rifiutò infatti di firmarlo con il suo nome reale, Antonio Leccabue, in quanto gli ricordava la sua famiglia di origine, quindi gli venne consegnato il documento senza firma.
E come faceva a possedere tutte quelle moto?
Alcune gli venivano regalate, soprattutto provenivano dalle flotte dismesse della polizia, altre le barattava con i suoi quadri. C’è da dire che non lui non era un abile pilota, e le sue moto oltretutto erano tutte un po’ malmesse.
Veniva infatti spesso avvistato dagli abitanti della zona in difficoltà, preso a far ripartire una moto che proprio non voleva saperne di ripartire.
Entriamo in casa.
Nel piccolo museo, oltre ai quadri di famiglia, donati dall’artista ai suoi ospiti, sono custoditi anche molti oggetti che gli sono appartenuti. Libri, fotografie, dischi e i suoi attrezzi del mestiere. I pannelli informativi e i video completano poi quello che è un vero e proprio viaggio nella vita del pittore, che lo fa rivivere di fronte ai nostri occhi.
Caleffi ha ricordato, nell’allestire la stanza da letto di Ligabue, l’amore profondo che provò per Cesarina Aprici, alla quale dedicò dei ritratti.
Un luogo affascinante che mi ha trasportata nella parte più umana di questo personaggio controverso e incompreso. Capisco il legame tra Caleffi e Ligabue ammirando la gazzella che l’artista gli disegnò sul quaderno di seconda elementare.
Lui, allora bambino, avrebbe preferito un giocattolo e rimase un po’ deluso da quel dono, ma ora questo ricordo non ha prezzo testimonia il profondo affetto che li lega, che è poi stato la scintilla che ha portato alla creazione di questo contenitore di emozione e che Giuseppe fa vivere attraverso il racconto di aneddoti e curiosità che legavano Ligabue alla sua patria adottiva.
Salutiamo Caleffi con la promessa di tornare ad ascoltare il suo intreccio di ricordi, racchiusi nel suo libro Antonio Ligabue e il Mondo Piccolo, ma che abbiamo adorato ascoltare dal vivo.
Lasciamo Gualtieri colmi di emozioni.
Sulla strada del ritorno percorriamo con lentezza le strade d’argine e i tratti sterrati che attraversano le campagne, e ci lasciamo affascinare dalla natura caratteristica di questo territorio.
Il giallo intenso delle balle di fieno, il rosso caratteristico delle case, il verde saturo dei pioppi. Proprio qui, tra questi boschi tipici della golena di Gualtiere Ligabue dipingeva, creava, ed entrava in stretto contatto con la natura, protagonista delle sue tele.
La gallery completa.
Se anche voi amate viaggiare in moto alla ricerca di curiosità e rotte fuori dal turismo di massa, qui trovate altri spunti interessanti. Nell’immagine di copertina è ritratta una scena dell’evento fotografico Sepulchrum dal titolo “Disturbia”.
Autore
Nadia Giammarco
Giornalista, fotografa. Amo conoscere mete sempre nuove, per poi condividerle attraverso immagini e parole.
La moto è il mezzo che preferisco: mi godo la strada, i panorami che scorrono, e spesso mi perdo.
nadiagiammarco.it
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