L’entroterra di Parma e Piacenza, incantevole territorio che si dipana dall’Appennino al Grande Fiume Po, ha molto da raccontare e i suoi castelli sono moderni cantastorie che possono regalare ai loro visitatori un vero e proprio viaggio nel tempo, attraverso diverse epoche: dal Medioevo al Rinascimento, dal Seicento Barocco al secolo dei Lumi, dal romantico Ottocento alla Belle Epoque, fino al Novecento.
Se volete un motivo in più per visitare i Castelli del Ducato, oggi vi raccontiamo alcune delle vicende che nei secoli hanno coinvolto questi castelli, attraverso le figure di 10 grandi donne.
CASTELLO DI VIGOLENO (PC) | La Principessa Maria Ruspoli Gramont
Chi direbbe che un suggestivo borgo dell’Appennino emiliano sia stato un vivace micro-centro del jetset internazionale, dove hanno soggiornato in vacanza divi del cinema, scrittori, intellettuali, artisti?
A trasformare Vigoleno in un vivace salotto mondano fu la bellissima Principessa Maria Ruspoli Gramont, amica di Gabriele D’Annunzio, Max Ernst, Anna Pavlova, Alexandre lacovleff, Jean Cocteau, nonché della diva del cinema Mary Pickford e dell’attore Douglas Fairbanks, della scrittrice Elsa Maxwell, del pianista Arthur Rubinstein; tutti in un modo o nell’altro vennero ospitati nel suo maniero.
Nel 1933 vi trascorse un periodo di vacanza proprio l’artista surrealista Max Ernst, che qui dipinse “La foresta imbalsamata”, un frottage dove la perfetta fusione dei verdi, dei gialli e dei blu delle piante in primo piano con l’azzurro e il verde smeraldo del cielo crea un’atmosfera mistica e inquietante.
Anche tra le due guerre la principessa Maria Ruspoli Gramont visse per lunghi anni a Vigoleno, compiendo una mirabile opera di restauro, ma lo stile di vita agiato, oltre al restauro, le costarono la fortuna che aveva ereditato dal primo marito, l’anziano duca Antoine XI Agenor de Gramont.
Nel 1935, dopo aver dilapidato la sua ricchezza, ritornò in Francia e sposò Francois Victor Hugo, figlio dello scrittore, ma anche questo matrimonio non fu felice e si concluse con un divorzio.
CASTELLO DI COMPIANO (PR) | La Marchesa Lina Raimondi Gambarotta
La Marchesa Lina Raimondi Gambarotta è stata l’ultima abitante del Castello di Compiano, dove abitò dal 1966 fino alla morte, nel 1987. Nata nel 1903 dal conte Raimondi, la contessina visse la Belle Epoque a contatto con personalità come D’Annunzio e Marinetti.
Dopo il matrimonio con il marchese Gambarotta si trasferì in Argentina, dove rimase per 40 anni occupandosi di architettura e arredamento d’interni. Una professione/passione che la portò a viaggiare per il mondo, incrementando la collezione d’arte e antiquariato di famiglia.
Rimasta presto vedova e senza figli, con la sola grande compagnia di molti amici cani, negli anni Sessanta rientrò in Italia e acquistò il Castello di Compiano: lo restaurò, arredandolo con preziose collezioni e portando in questo luogo dalla storia antica la propria nobile eleganza. Alla sua morte, come da sue volontà, sia il Castello che le collezioni furono donate al Comune di Compiano.
Oggi i visitatori che vengono accompagnati alla scoperta delle stanze al piano nobile dove la Marchesa viveva, possono vivere emozioni legate a un mondo che non c’è più, e capire quanto l’atmosfera sembri ben più antica rispetto ai pochi decenni che ci separano dalla sua presenza qui.
TERRE VERDIANE, BUSSETO (PR) | Bruna Pederzani Paltrinieri, in arte Bruno Paltrinieri
Bruna Pederzani Paltrinieri (Busseto 5 Settembre 1907 – Milano 9 Ottobre 1992) fu scrittrice e giornalista, per oltre quarant’anni visse e lavorò a Milano.
Direttrice didattica, collaborò a giornali e riviste come critico di letteratura e di teatro giovanile. Fu inoltre critica televisiva del quotidiano milanese L’Italia, scrisse tre commedie e pubblicò libri per ragazzi fra cui Il Principe fantastico, Soste nel girotondo, Bob risponde a tutti e Mattutino Verdiano.
Collaborò diffusamente con l’Avvenire e allo Specchio del libro per ragazzi. Ma utilizzò sempre lo pseudonimo di Bruno Paltrinieri.
Le sono stati assegnati il Premio Castello e il Premio della Cultura dalla Presidenza del Consiglio.
REGGIA DI COLORNO (PR) | La Duchessa Luisa Elisabetta di Francia
Cosa avrà provato la piccola Luisa Elisabetta, chiamata affettuosamente dai famigliari Babette, quando arrivò nel Ducato di Parma, dopo i primi dodici anni di vita vissuti nello sfarzo di Versailles? Senz’altro il suo arrivo alla Reggia di Colorno trasformò una corte, un palazzo, una mentalità.
Ma chi era Babette? Nata il 14 agosto 1727 da Luigi XV e Maria Leszczynska e cresciuta nella bellezza della Reggia parigina, appena dodicenne fu promessa in sposa all’Infante Filippo di Borbone, figlio cadetto del Re di Spagna, e lo raggiunse nel Ducato di Parma nel 1750.
La sua cultura e il suo stile di vita nel Ducato non passarono indifferenti: i mutamenti favoriti dalla presenza della Duchessa furono di ampia portata e si esplicarono non solo nella politica, ma anche nella quotidianità della corte, che venne investita da una ventata di rinnovamento e novità.
Non bisogna, poi, tralasciare l’importante seguito di artisti d’oltralpe (quali Petitot, Boudard, Coutant d’Ivry, Guiard, Carlier, Bigaud) che donarono nuova linfa al panorama artistico del Ducato.
Proprio a Colorno Babette riuscì a ricreare gli splendori della corte di Versailles, restaurando e rivisitando gli interni, rendendo il Palazzo un delizioso scrigno di meraviglie e ornando il giardino con bellissimi giochi d’acqua, aiuole fiorite, statue e scenografiche fontane.
CASTELLO DI SCIPIONE, SALSOMAGGIORE TERME (PR) | La Marchesa Giacoma Pallavicino
Importante figura femminile del Rinascimento, la Marchesa Giacoma Pallavicino ha una storia strettamente collegata al Castello di Scipione. Figlia di Bernardino Pallavicino di Zibello, andò sposa giovanissima, nel 1529, all’anziano cugino Giangerolamo Pallavicino di Scipione. Da questo matrimonio politico, impostole per rafforzare il legame tra i due rami della famiglia, prese vita una storia piena di colpi di scena.
Assassinato il marito dai cugini per averle donato in vita una cospicua parte delle sue proprietà, Giacoma, che non ebbe figli, si ritrovò sola a lottare contro le congiure famigliari, oltre che alla guida di un Castello amministrando in prima persona un enorme patrimonio, fatto del tutto eccezionale per l’epoca.
La giovane vedova sfidò le convenzioni decidendo di non risposarsi e scrivendo più volte a Ignazio di Loyola di poter entrare nella sua Compagnia di Gesù, ma fu da lui rifiutata per il solo fatto di essere donna.
Con determinazione fondò da sola una propria compagnia di sorelle laiche, la “Compagnia di Giovani Donne Spirituali”, dedicando la sua vita ad aiutare i più deboli e in particolare le giovani donne non maritate (tra cui anche alcune della sua famiglia) e i bambini, a cui destinò tutti i proventi delle sue proprietà.
Le sue sofferte vicende famigliari e le sue battaglie furono raccolte da Katherine Mc Iver, una delle maggiori storiche dell’arte americane, nell’importante libro Women, Art and Architecture in Northern Italy, dove viene definita come uno dei primi esempi di donna emancipata dell’Era Moderna.
ROCCA DEI ROSSI, SAN SECONDO PARMENSE (PR) | La Marchesa Bianca Riario de' Rossi
Bianca Riario, figlia della grande Caterina Sforza e di Girolamo Riario, nipote prediletto di Papa Sisto IV, nacque a Forlì nel 1478. Durante la prigionia della madre Caterina a Castel Sant’Angelo si prese amorevolmente cura dell’ultimo nato, Giovannino, il futuro grande condottiero dalle Bande Nere.
Vedova di Astorre Manfredi, fatto gettare dal Valentino con una pietra al collo nel Tevere sotto Castel Sant’Angelo, si risposò a Roma nel marzo del 1503 con Troilo I de’ Rossi e, il 28 luglio dello stesso anno giunse a San Secondo, accolta con molti onori. Assieme al marito curò la rinascita della Rocca e mise al mondo numerosi figli, tra cui il conte Pier Maria II, valente condottiero, e Gian Girolamo, vescovo di Pavia e governatore di Roma, oltre che insigne letterato e poeta.
Rimasta nuovamente vedova, dal 3 giugno 1521 Bianca Riario divenne reggente della Contea di San Secondo fino alla maggiore età del figlio Pier Maria II, nella primavera del 1523. Determinante fu l’aiuto portato a lei ed ai suoi figli dal fratello Giovanni e dalle sue Bande Nere, nel 1522, per contrastare le insidie di famelici parenti, il vescovo di Treviso Bernardo Rossi e Filippo Maria di Corniglio.
Bianca morì in data imprecisata, certamente dopo il 1523, molto probabilmente in Firenze, ma la sua immagine restò scolpita oltre che nella memoria anche in una medaglia bronzea, realizzata da Niccolò Fiorentino e conservata nel Museo Civico Archeologico di Bologna.
ROCCA DEI ROSSI, SAN SECONDO PARMENSE (PR) | La Marchesa Camilla Gonzaga De’ Rossi
Un bellissimo ritratto, eseguito dal Parmigianino, ora al Prado di Madrid, ci trasmette un’immagine di donna dolce, ma allo stesso tempo decisa e forte, anche solo con la semplicità di un gesto, attorniata da tre dei suoi numerosi figli: l’erede dinastico Troilo II, il cardinale di Pavia Ippolito, e Federico.
Ma chi era Camilla Gonzaga e perché fu tanto importante per la Rocca di San Secondo Parmense?
Camilla nacque a Mantova nei primi anni del 1500 da Giovanni, fratello del Marchese Francesco II, e da Laura Bentivoglio, figlia di Giovanni Signore di Bologna.
Il 13 febbraio del 1523 venne stipulato il contratto matrimoniale che la unì al Conte di San Secondo Pier Maria II de’ Rossi, figlio primogenito di Troilo I e di Bianca Riario. La dote di Camilla, che ammontava a seimila ducati, era corrisposta parte in denari, parte in gioielli, parte in abiti ed arredi, fra i quali erano elencati anche cinque famosi arazzi gonzagheschi con scene mariane. Proprio questo matrimonio resta tutt’oggi il pretesto storico del Palio delle Contrade.
A San Secondo Camilla svolse un ruolo fondamentale nella politica rossiana, ben integrando il marito nell’attività diplomatica e politico-familiare: frequenti erano i suoi viaggi a Mantova, numerose le lettere inviate al cugino Federico II per richieste di aiuto contro i vari nemici, in particolare contro le mire espansionistiche farnesiane attuate da Papa Paolo III.
Per le due doti e le sue qualità si face apprezzare dalla duchessa Caterina d’Asburgo e dalla moglie del duca di Parma Ottavio Farnese, Margherita d’Austria, nonché da Isabella di Portogallo, moglie di Alessandro Farnese.
Camilla morì nel 1585 proprio a San Secondo.
CASTELLO DI MONTECHIARUGOLO (PR) | La Contessa Barbara Torelli
Nel loggiato del Castello di Montechiarugolo si trova scritto: “Nota che adì 10 otobre de 1491 la magnifica madonna mogliera di Messer Hercule Bentivoglio se partì da qui per andare a marito a Pisa”.
Si tratta di Barbara Torelli, figlia di Marsilio e sorella di Cristoforo e Francesco, che a 19 anni aveva sposato Ercole Bentivoglio di Pisa e dal quale era stata ripudiata nel 1503.
Ridotta in povertà dai Bentivoglio, che rifiutarono di restituirle la ricca dote, si rifugiò presso gli Estensi a Ferrara, sposando qui nel 1508 il poeta di corte Ercole Strozzi. Pochi giorni dopo le nozze Strozzi venne assassinato e Barbara andò dapprima a Venezia, poi vagò a lungo per l’Emilia.
Nel 1520, tornata a Ferrara, riottenne parte della sua dote sotto forma di terreni, ma morì tuttavia in povertà a Bologna nel 1534. Poeti e letterati si sono impadroniti del suo personaggio, cantandola in poesie e sonetti.
ROCCA DI FONTANELLATO (PR) | La Contessa Paola Gonzaga
La Sala del Parmigianino, il gioiello più prezioso della Rocca Sanvitale di Fontanellato, affrescata dal pittore nel 1523, è fortemente connessa con la storia e la figura di Paola Gonzaga, sorella della più celebre Giulia, e sposa del conte Galeazzo Sanvitale.
La stanza fu affrescata in 40 giornate lavorative dal ventenne Parmigianino solo con la luce delle candele e rappresenta il mito di Diana e Atteone; la stessa Paola venne ritratta dal giovane pittore tra le figure della Sala in veste di Cerere, ed ella amava trascorrervi parte del suo tempo in solitudine.
ROCCA DI SALA BAGANZA (PR) | La Contessa Donella de’ Rossi
Nata intorno al 1435 dal Magnifico Pier Maria Rossi, conte di Berceto e marchese di San Secondo, e da Antonia Torelli, nel 1454 Donella de’ Rossi sposò il primo conte di Sala, Giberto III Sanvitale. La celebre e discussa unione fu frutto di un tentativo di alleanza tra le due famiglie, acerrime avversarie nei giochi politici e territoriali.
Nell’agosto del 1482, approfittando dell’assenza di Giberto III e del figlio Bernardino, impegnati nella difesa della Rocca di Oriano, Amuratte Torelli, cugino di Donella, attaccò la Rocca di Sala. Inaspettatamente trovò l’opposizione di Donella che, ostinata nel difendere le proprietà sue e del marito, colpì mortalmente il cugino, e preservò così la Rocca dall’attacco nemico. Decisiva non solo per la battaglia, ma anche per le sorti future dei Sanvitale, che grazie a questo atto di coraggio, mantennero il dominio incontrastato sulla zona per oltre un secolo e mezzo. Coraggiosa, leale e forte, così è arrivata a noi la figura di Donella, prima contessa di Sala.
Autore
Elisa Mazzini
Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.
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