L’Appennino Emiliano è una fonte inesauribile di spunti per girare in moto. Natura, tracce storiche e una cucina eccellente: ce n’è per tutti i gusti.
Questo itinerario, volto a scoprire le tracce romaniche disseminate nel territorio dell’Appennino Emiliano, è frutto della mia passione per gli itinerari tematici. Scovare le peculiarità di un territorio, seguirne le tracce e progettare un percorso. Perchè il viaggio comincia molto prima di accendere il motore.
Ho scelto di visitare pievi, abbazie e oratori: questi luoghi di culto sono molto piccoli, ma nascondono radici importanti e hanno tutti una lunga storia da raccontare.
L’itinerario motociclistico che vi propongo attraversa ben tre provincie, senza mai abbandonare i rilievi appenninici: perché si sa che moto vuol dire curve e splendidi paesaggi. E qui ne troverete il mix perfetto.
Il percorso si snoda per circa 120km tutto su strade secondarie, dove il traffico è praticamente nullo e ci si può prendere tutto il tempo per godere delle bellezze che scorrono intorno a noi.
Quindi casco in testa, velocità moderata e buon viaggio!
Abbazia di Frassinoro (MO)
La prima tappa è nell’Appennino Modenese, dove si trova l’Abbazia di Frassinoro, fondata nel 1071 da Beatrice di Lorena, madre di Matilde di Canossa.
Beatrice di Lorena volle questa Abbazia per avere una protezione divina a favore della figlia Matilde, che aveva recentemente perso la sua bambina appena dopo la nascita.
La Chiesa di Santa Maria e San Claudio risale alla fine del 1500; fu riedificata sui resti della chiesa dell’antica abbazia, di cui purtroppo non rimane nulla, a parte qualche elemento architettonico che è possibile ammirare all’interno.
Appena si entra si può notare un bellissimo bassorilievo situato su una colonna, probabilmente parte di un’architrave del portale dell’edificio originario.
Alcuni studiosi lo riconducono all’immagine del Volto Santo, ed effettivamente l’abbazia si trova lungo la via Matildica del Volto Santo, strada percorsa dai pellegrini per raggiungere il Volto Santo a Lucca.
Questa parte di Appennino Modenese è ricca di piccole perle da scoprire e punto strategico per diversi percorsi.
Si può proseguire verso il Passo Radici soffermandosi lungo il tragitto ad ammirare il Santuario Madonna della Neve di Pietravolta, oppure si può fare una piccola deviazione di 10 km e visitare la bellissima rocca restaurata di Montefiorino.
Stavolta l’itinerario prevede di percorrere la strada tutta curve che, attraversando il torrente Dolo ci porterà a visitare la Pieve di Toano.
Pieve matildica di Toano (RE)
Anche la Pieve di Toano affonda le sue radici nella storia dei Canossa. Il primo documento che cita questo luogo di culto risale al 980 d.C. e testimonia che in origine la pieve era ricompresa nelle mura del castello fatto costruire da Bonifacio di Canossa, di cui però non rimane traccia.
Si può parcheggiare la moto appena sotto la pieve, e in pochi minuti si raggiunge la cima del colle dove è situata.
La vista d’insieme è molto bella, la natura e la quiete avvolgono la pieve che sorge in un contesto molto curato. Nell’area verde che la circonda è possibile anche rilassarsi sulle panchine all’ombra o consumare un panino sui tavoli dell’area picnic.
L’edificio che vediamo ora, la Pieve di Santa Maria di Castello, è il risultato di una serie di restauri che si sono succeduti nel tempo, purtroppo su due capitelli sono ancora visibili i danneggiamenti subiti durante la seconda guerra mondiale.
L’edificio ha gli elementi tipici dell’architettura romanico-lombarda. La facciata è a capanna e le linee sono essenziali. Ricoperta esternamente da ardesia, all’interno è caratterizzata da tre navate.
La semplicità che la contraddistingue le conferisce un’atmosfera di raccoglimento, il visitatore viene magneticamente attratto dai capitelli decorati con simboli caratteristici del periodo.
Si torna in moto. L’itinerario prevede ora una trentina di chilometri durante i quali si ha la possibilità di godere di un paesaggio caratterizzato dai calanchi. Un fenomeno geomorfologico tipico dei terreni argillosi di questi territori. Una vista affascinante, ancora di più durante il tramonto, con il gioco di luci e ombre che valorizzano i rilievi.
Oratorio di Beleo (RE)
In fondo a una stradina sterrata, nascosto in un boschetto su un’altura collinare nei pressi del borgo di Beleo, sorge questo oratorio. Le origini di questo edificio romanico risalgono all’XI secolo, fu infatti menzionato tra i beni di Bonifacio di Canossa nel 1070.
Le tracce dei Canossa sono innumerevoli in questi territori appenninici, ovunque se ne scorgono, a testimoniare l’importanza che questa famiglia ebbe nella storia medievale.
L’edificio è molto semplice, con la facciata a capanna e caratterizzato da un campanile. Sul portale si trova un’epigrafe con una frase in onore degli alpini caduti.
Tra il bosco che sorge sul pendio del colle si scorgono alcune lapidi che commemorano i militari mai tornati dalla guerra, un luogo che dagli anni ‘70 tiene vivo il ricordo degli Alpini, insieme alla campana che tutte le sere suona i suoi 10 rintocchi.
Non è facile visitare l’interno di questi piccoli luoghi di culto: la custodia è spesso affidata a volontari che fanno del loro meglio, ma non sempre riescono a garantirne l’apertura. Tuttavia anche solo la bellezza dei contesti in cui sono immersi vale il viaggio.
Prendiamo ora la statale 63 che ci porterà verso Casina, alla Pieve di Paullo.
In genere preferisco evitare le strade più frequentate, dove non c’è molto spazio per lasciar scorrere lo sguardo ai panorami, ma si tratta di pochi chilometri, e quindi si può fare un’eccezione.
Pieve di Paullo (RE)
Ancora un bellissimo esempio di architettura romanica. La Pieve di San Bartolomeo è infatti una delle più antiche della collina reggiana. Risale al IX secolo, menzionata nel diploma emanato nel 980 dall’imperatore Ottone II in cui venivano elencati i beni della chiesa di Reggio Emilia.
Alla pieve si accede con una strada immersa nel verde, che guida il visitatore proprio all’entrata. Qui la natura è straordinaria, come la vista: tra le alture dell’Appennino si scorge chiaramente la bella Rupe di Canossa.
Diversi sono stati gli interventi di ristrutturazione nel corso del tempo, ma purtroppo il sisma del 2008 ha provocato dei danni che ne hanno decretato la chiusura al culto. Diverse opere sono state comunque messe in atto per riportarla in sicurezza e ripristinarne l’aspetto originario.
La facciata a capanna è caratterizzata da un portale architravato, sovrastato da un’epigrafe con la dedica a San Bartolomeo. Sopra si aprono due finestrelle. Sul lato settentrionale c’è il campanile, su quello opposto è stata posizionata una bella meridiana di fattura moderna.
Il fascino di questo luogo è ancora maggiore se si ammirano anche la sagrestia e la canonica che sorgono di fianco: tutto il contesto restituisce l’immagine di un luogo vissuto dalla comunità.
Rimontiamo in sella, la Sp 54 ci porta ora verso la Pieve di Pianzo. La strada, con le sue belle curve, attraversa aree boscose alternate a spazi aperti; a tratti si gode il profumo del sottobosco e in altri si ammira la vista meravigliosa.
Con il mio itinerario motociclistico vi conduco ora a scoprire un luogo ricco di storia. Sì, certo, tutti lo sono, ma questo è speciale. Qui la storia del passato incontra quella più recente, arricchendosi di racconti personali e tradizioni per restituire emozioni.
Pieve di Pianzo (RE)
Il territorio è ancora quello di Casina, da qui passa anche il Sentiero dei Ducati; parcheggiata la moto proseguiamo a piedi verso la Pieve. Ad accoglierci è Franco Spaggiari, colui che negli ultimi 45 anni ha riportato questo luogo agli antichi splendori, e che lo custodisce. Nessuno meglio di lui potrebbe raccontarne la storia.
La vista d’insieme è una cartolina, la cura che Spaggiari pone nella manutenzione della pieve e della zona circostante è notevole. Ma è la passione che le sue parole lasciano trapelare che aggiunge valore.
Potrei ora dilungarmi sulla storia della rinascita della Pieve di Pianzo, ma significherebbe sminuirne l’importanza. Il mio reale consiglio è quello di visitarla di persona, contattando preventivamente il sig. Spaggiari (il numero telefonico è facilmente rintracciabile su Google Maps) e chiedendogli di raccontarvi di questo luogo.
La Pieve della Madonna dell’Assunta è situata su un’altura da cui domina la valle del Tassobbio, da qui si gode un’atmosfera fatta di silenzio e raccoglimento. La natura che la circonda fa il resto. Un bellissimo angolo incontaminato dell’Appennino Reggiano.
Questo fu un luogo di culto celtico, poi longobardo, e infine cristiano. Sul portale d’ingresso è visibile una pietra scolpita rappresentante una figura antropomorfa che alcuni hanno ricondotto alla dea celtica della fertilità.
La struttura è romanica ad una sola navata con la facciata a capanna realizzata con pietre squadrate. Sul lato destro è visibile una piccola porta murata, con architrave ad arco a tutto sesto e alcune decorazioni: una croce romanica, delle decorazioni circolari e una scritta riportante la scritta MCCX, probabilmente l’ingresso dal lato del fonte battesimale.
All’interno della Pieve si trova un bel lampadario in vetro di murano. Anche la sua storia è molto interessante. Vi consiglio di chiedere a Spaggiari di raccontarvela.
Lasciamo l’altura di Pianzo, l’itinerario prevede altre due tappe. La prossima è la Pieve di Sasso. Si lascia quindi la provincia di Reggio Emilia per andare nell’Appennino Parmense, a Neviano degli Arduini. Attraversiamo il torrente Enza e imbocchiamo la strada provinciale che ci porterà alla prossima Pieve.
Pieve di Sasso (PR)
La Pieve dedicata a Santa Maria Assunta, uno degli esempi più belli di pieve romanica dell’Appennino Parmense, si dice fu eretta per volontà di Matilde di Canossa quasi mille anni fa. Si trova isolata su un’altura circondata dal bosco e gode di una vista particolarmente suggestiva.
La chiesa è interamente realizzata in conci di pietra tagliati in modo irregolare e la copertura è in lastre d’ardesia. Il campanile, di costruzione recente, è staccato dalla chiesa
La facciata è divisa in tre parti da lesene sormontate da archetti pensili. Sopra al portale si notano una bifora e un’apertura a croce greca.
A sud, addossata all’edificio, sorge una costruzione di epoca posteriore, adibita a sagrestia. Girando intorno all’edificio si possono notare le tre absidi, decorate da archetti pensili alternati a lesene. L’antica torre, che si trova dietro l’abside sembra risalire all’edificio più antico.
Si narra che questa pieve fu lo scenario della Leggenda delle 100 Chiese, di cui fu protagonista proprio Matilde di Canossa, che proprio qui, durante la notte di Natale volle celebrare la Santa Messa.
Giunge così l’ora di conquistare l’ultima tappa del percorso.
Sempre in provincia di Parma, nei pressi del piccolo borgo di Iano, sorge l’Oratorio della Beata Vergine della Cintura. Imbocchiamo quindi la strada provinciale con cui attraverseremo il torrente Parma, per raggiungere la collina che lo ospita.
Oratorio della Beata Vergine della Cintura (PR)
Superato il cartello che indica la località di Iano si curva a sinistra e poi, sempre sulla sinistra, si percorre una strada in salita: via dell’Oratorio.
Il paesaggio che apparirà ai vostri occhi sarà bellissimo: una piana vasta e verdissima nel cui mezzo sorge il piccolo oratorio.
L’edificio attuale, che trovate anche come Pieve di Iano, risale al XVII secolo e sorge su uno preesistente, di epoca medievale. Si dice che qui sorgesse un luogo di culto di epoca romana, dedicato a Giano. Fu proprio il nome Giano a originare la denominazione della frazione.
Le linee che caratterizzano questo piccolo luogo di culto sono molto semplici e la facciata ha la tipica forma a capanna, con un portale d’ingresso sormontato da una finestra e, ancora sopra, da un’apertura a forma di croce greca.
Il piccolo campanile, anch’esso rivestito in arenaria tagliata irregolarmente, sorge sul lato destro, e contribuisce a rendere l’insieme ancora più pittoresco.
Ma è la magia dell’insieme ciò che colpisce di più. Ovunque si volga lo sguardo muta il panorama lasciando spazio ogni volta a nuove suggestioni.
Ed è con questa immagine che si conclude il nostro viaggio insieme alla (ri)scoperta del nostro Appennino, che non smette mai di sorprenderci.
Autore
Nadia Giammarco
Giornalista, fotografa. Amo conoscere mete sempre nuove, per poi condividerle attraverso immagini e parole.
La moto è il mezzo che preferisco: mi godo la strada, i panorami che scorrono, e spesso mi perdo.
nadiagiammarco.it
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