Risalendo la valle del fiume Montone, nel punto in cui l’Emilia-Romagna lascia posto alla Toscana, appare all’orizzonte nascosto tra le curve, San Benedetto in Alpe, uno dei borghi più suggestivi di tutto il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna.
Collocato al confine della Romagna, prima del celebre Passo del Muraglione, il paese è una delle tappe ideali da cui intraprendere un’escursione a piedi in direzione delle spettacolari cascate dell’Acquacheta, celebrate nel XVI canto dell’Inferno dantesco.
Come è noto il fascino di questi paesaggi colpì e, difatti, ispirò il Padre della Letteratura italiana che nel 1302 si trovava a passare da queste zone nel suo viaggio verso Forlì.
Paragonando il rimbombare dell’acqua che scroscia dalla Cascata dell’Acquacheta al suono forte e fragoroso del fiume infernale Flegetonte, il Sommo Poeta scrisse:
Come quel fiume c’ ha proprio cammino
prima dal Monte Viso ’nver’ levante,
da la sinistra costa d’Apennino,che si chiama Acquacheta suso, avante
che si divalli giù nel basso letto,
e a Forlì di quel nome è vacante,rimbomba là sovra San Benedetto
de l’Alpe per cadere ad una scesa
ove dovea per mille esser recetto
(Inferno, Canto XVI, vv. 94-102)
La fortuna di questa località montana, nonché il suo stesso nome, deriva da un’importante abbazia che attorno alla prima metà del XI secolo d.C. fu fondata da San Romualdo, coadiuvando probabilmente piccoli nuclei di eremiti che già vivevano in questa zona.
In poco meno di un secolo gli abati reggenti trasformarono questo complesso in una delle più ricche e potenti abbazie dell’Appennino Tosco-Romagnolo, con possedimenti che raggiungevano le diocesi di Forlì, Forlimpopoli, Faenza e Firenze (XII – XIII secolo).
Un’escalation degna di nota che trova conferma ad esempio nelle pergamene del monastero custodite presso l’Archivio Capitolare della Basilica di San Lorenzo in Firenze, la maggior parte delle quali databili tra il XII e il XV secolo.
Fu proprio in questo “periodo dell’oro” che Dante si trovò a passare da queste parti, rimanendo abbagliato dalla potenza espressiva dalle cascate dell’Acquacheta. Qualche decennio più tardi toccò a Giovanni Boccaccio soggiornare nei pressi, scrivendo il suo commento all’Inferno dantesco.
Le sorti del monastero iniziarono a cambiare, rivolgendosi verso un inarrestabile declino, a partire dal XIV e XV secolo. Fu in quel periodo che l’abbazia cominciò a perdere il ruolo propulsore dal punto di vista culturale e religioso che fino a quel momento aveva avuto.
Il numero dei monaci e delle donazioni diminuì progressivamente. Venne meno il dominio diretto e la presa salda sulle proprietà territoriali. Nel 1499, infine, l’abate del monastero fu costretto simbolicamente, ma già di fatto la situazione era fortemente compromessa, a consegnare nelle mani di Papa Alessandro VI i pochi beni e privilegi rimasti.
Il resto è storia. Sopravvissuta alla traversie, all’incuria, i crolli e le ricostruzioni, l’abbazia si trasformò in una semplice parrocchia, continuando però a segnare la geografia storica e spirituale di tutta l’area.
Oggi il complesso posto a una distanza di un 1 km sopra il paese (località Il Poggio) è facilmente raggiungibile partendo dalla località Il Mulino situato lungo la SS 67 nel punto in cui i torrenti Acquacheta, Troncalosso e Rio Destro si uniscono per formare il fiume Montone.
Da qui si sale fino a raggiungere l’abbazia seguendo la strada per Marradi, o percorrendo una ripida scorciatoia pedonale (Via Dante), sulla quale è stata realizzata nel tempo una Via Crucis.
Parte dell’originario edificio medievale è andato quasi completamente distrutto. Se ne sono conservati solo alcuni frammenti come parte della cripta, una torretta difensiva, un portale ad arco e parte delle mura esterne. Interventi successivi, come quelli di restauro del 1723, hanno inglobato nelle forme attuali i resti originari della piccola chiesa, a quanto pare (almeno secondo alcuni scavi archeologici condotti sul finire degli anni ’80), a croce latina.
Aldilà dei tecnicismi architettonici e artistici, l’intera area di San Benedetto in Alpe si mostra a turisti e visitatori come un luogo privilegiato per fuggire dalla frenesia della quotidianità.
La pervasiva e rassicurante presenza delle Foreste Casentinesi, accompagnata allo scrosciare delle acque dei torrenti, regala un senso di pace e benessere: un ticchettio che scandisce il tempo, rallentandolo il proprio animo e che spinge a prendere la natura sottobraccio e goderne della sua bellezza.
Si può andare all’abbazia per una visita in giornata, e chi vuole può soffermarsi nei pressi qualche notte, facendo un tuffo nel passato e nel silenzio di questi luoghi magici.
San Benedetto in Alpe è infatti anche un punto di partenza o collegamento per numerose escursioni nel verde del Parco delle Foreste Casentinesi, ricche di storia e spiritualità.
Tra queste si segnala quella del Sentiero Natura (facente parte dei “Sentieri delle Foreste Sacre“) che permette di raggiungere – grazie a un trekking di media difficoltà – le famigerate cascate dell’Acquacheta e il vicino villaggio dei Romiti.
A questa si aggiungono importanti vie di pellegrinaggio – come il Cammino di Sant’Antonio, il Cammino di Assisi, e naturalmente il Cammino di Dante – che da secoli transitano da qui, conferendo a quest’area un’importanza storica e religiosa importantissima, da sempre luogo di incontro tra uomo, natura e spiritualità.
Autore
Davide Marino
Nasce come archeologo ma finisce per fare altro. Razionale ma non metodico, lento e appassionato. Un giovane entusiasta dai capelli grigi
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