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L’Abbazia di Nonantola tra passato e presente

di /// Novembre 7, 2022
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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Se seguite la nostra rubrica sui Cammini dell’Emilia Romagna non vi sarà sfuggito che due dei percorsi di pellegrinaggio che passano per la regione si chiamano Via Romea Nonantolana e Romea Strata Longobarda Nonantolana. Ebbene, queste strade prendono il loro nome proprio all’ Abbazia di Nonantola, storico luogo di accoglienza e cultura, che costituisce il punto di inizio della Romea Nonantolana, e l’arrivo della 7^ tappa della Romea Strata Longobarda Nonantolana.

L’Abbazia è stata riaperta il 16 settembre 2018, dopo la chiusura a seguito del terremoto del 2012.
Ora è visitabile anche grazie al Tour Virtuale.

Un po’ di storia


La fondazione dell’Abbazia di Nonantola risale al tempo dei Longobardi, tempo di intrighi e giochi di potere che hanno visto anche questa zona protagonista.
L’edificio monastico fu infatti fondato nel 752 da Anselmo, Duca del Friuli appena ritiratosi, su un territorio donatogli dal cognato Astolfo, Re dei Longobardi e d’Italia dal 749 al 756, al fine di accrescere l’influenza longobarda sulla zona.
Anselmo divenne quindi il primo abate dell’Abbazia di Nonantola da lui voluta, e vi rimase almeno fino al 756, quando venne scacciato dal nuovo re longobardo Desiderio, potendovi probabilmente fare ritorno solo nel 774, quando Desiderio venne deposto da Carlo Magno; proprio qui Anselmo morì il 3 marzo dell’803.

Seppur in pochi anni, Anselmo riuscì comunque a rendere l’Abbazia un importante centro benedettino, nonché il luogo di custodia delle reliquie del Papa San Silvestro, tutt’oggi lì conservate. Proprio Anselmo, inoltre, acquisì il primo nucleo di codici per il monastero, facendo in modo che vi si potesse creare uno scriptorium; nel tempo l’officina scrittoria di Nonantola divenne uno dei principali centri di formazione della scrittura precarolingia.

  • Abbazia di Nonantola, portale, via Facebook
  • Abbazia di Nonantola, cripta, via Facebook



L’architettura


La basilica abbaziale costituisce, insieme al Duomo di Modena, uno dei più importanti esempi di arte romanica in Europa.
Sul suo affascinante portale, attributo in parte -la lunetta- allo scultore Wiligelmo (lo stesso che ha realizzato le decorazioni proprio del Duomo di Modena) e in parte -gli stipiti- ad esso precedenti, sono scolpite:
Dio in trono, in atto benedicente, affiancato da due angeli e circondato dai 4 evangelisti (lunetta),
la fondazione dell’abbazia e i suoi primi secoli di storia (stipite sinistro),
la natività e l’infanzia di Cristo (stipite destro).

Il portale sembra inoltre essere quasi incorniciato da un protiro che appoggia su due leoni stilofori (anche qui troviamo un’analogia con il Duomo di Modena) per mezzo di due appoggi, uno di forma circolare e l’altro di forma quadrata: questi simboleggiano le due nature di Cristo, rispettivamente quella divina e quella umana. Il leone accovacciato è il Signore Risorto e la preda tra le sue zampe è la morte.
L’ingresso quindi, ampio e solenne, è il segno dell’accoglienza della Chiesa: rappresenta il fatto che ogni pellegrino potrà qui trovare il proprio ristoro, sia per l’anima che per il corpo.

Una volta aperto il portale si rimane senza fiato per l’impatto suggestivo creato dalla navata centrale, separata dalle due laterali da due file di pilastri; la basilica presenta infatti la tipica struttura romanica a tre navate, ed è sobria ed essenziale, essendo composta tutta di mattoni. Ma c’è ancora molto da scoprire.



Le reliquie


La basilica ospita le reliquie di sette santi che qui sono venerati da secoli:
San Silvestro I Papa, a cui è intitolata l’Abbazia, che è anche il patrono di Nonantola;
Sant’Anselmo, il fondatore;
Sant’Adriano III Papa;
i martiri Senesio e Teopompo;
le vergini Fosca e Anseride.

Le reliquie di San Silvestro I Papa sono contenute nell’altare maggiore, mentre gli altri sei santi sono venerati in cripta e le loro reliquie sono custodite nell’altare dell’abside centrale.
La scenografica cripta, un luogo avvolto dal silenzio e dalla solennità, sembra quasi una foresta di snelli colonne sormontate da capitelli, alcuni di epoca longobarda, ognuno diverso dall’altro. Le colonne sono 64, esattamente il doppio di quelle della cripta del Duomo di Modena, e simbolicamente potrebbero indicare la perfezione, essendo 64 il quadrato di 8, numero della perfezione.



Il Museo


All’interno dell’antico complesso monastico è oggi ospitato il Museo Benedettino e Diocesano d’Arte Sacra, che testimonia il fondamentale ruolo non solo religioso ma anche politico, sociale, economico e culturale assunto da questa abbazia nel corso dei secoli.
Al suo interno possiamo ammirare:

  • alcune significative opere d’arte sacra provenienti da chiese dell’Arcidiocesi di Modena-Nonantola;
  • i dipinti dell’Abbazia tra cui l’Ascensione della scuola ferrarese di Cosmé Tura e il San Carlo che battezza un neonato durante la peste di Milano di Ludovico Carracci;
  • due rari sciamiti (tessuti medievali) risalenti al periodo immediatamente successivo alla fondazione del monastero;
  • tre degli oltre 259 codici minati prodotti dai monaci benedettini durante il loro lavoro nello scriptorium monastico, ovvero l’Evangelistario di Matilde di Canossa (XI sec.), l’Acta Sanctorum (X-XII sec.) e il Graduale o Cantatorio (XI secolo);
  • alcune tra le più importanti pergamene (esposte a rotazione per via della delicata conservazione) dell’Archivio Abbaziale, che vanta più di 4500 pergamene, di cui 131 precedenti all’anno Mille. Grazie ad esse potremo incontrare alcuni personaggi illustri che hanno fatto la storia, come Carlo Magno con il suo celeberrimo monogramma, quella di Matilde di Canossa con la sua firma, e quella di Federico I Barbarossa.




L’Archivio Abbaziale e la Biblioteca


L’Archivio Abbaziale è invece custodito al primo piano del Palazzo Abbaziale, proprio adiacente alla basilica. Il suo cuore sono le (già menzionate) oltre 4.500 pergamene, il cui progetto di acquisizione digitale è stato completato nel 2010 e le cui immagini sono a disposizione in sala consultazione.
La Biblioteca dell’Abbazia, fondata dal primo abate Sant’Anselmo e affiancata da uno Scriptorium fin dal suo primo secolo di vita (come già detto), ancora verso la fine del XV secolo contava 259 codici, dei quali 90 circa oggi riconosciuti, tre soli dei quali ancora nell’Abbazia ed esposti nel Museo.
L’attuale biblioteca comprende 20.000 titoli circa, 16 incunaboli e 179 cinquecentine. Un terzo circa del totale sono volumi pregiati del Sei-Settecento, un terzo dell’Ottocento, un terzo del Novecento.



Per tutte le informazioni su orari di apertura e come arrivare consigliamo di consultare la pagina dedicata.
L’Abbazia è anche su Facebook e Instagram.

Autore

Elisa Mazzini

Web Content Manager per @inEmiliaRomagna e mamma a tempo pieno.

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