Lanfranco e Wiligelmo. Due nomi un po’ singolari, che forse oggi richiamano alla mente qualche vago ricordo dai banchi di scuola, ma che nella Modena dell’XI secolo dovevano essere sulla bocca di tutti. Già, perché senza di loro oggi la città non avrebbe il suo Duomo – la Cattedrale di Santa Maria Assunta in Cielo e San Geminiano – uno dei beni Unesco del centro storico insieme alla torre Ghirlandina e alla piazza che le ospita, Piazza Grande.
Che l’abbiate già visitata o meno, preparatevi a varcare la soglia della cattedrale modenese e a carpire tutti i segreti di questo splendido esempio di arte romanica in Emilia.
Il Duomo di Modena: la facciata
I manuali di storia dell’arte ci dicono che la prima pietra del Duomo di Modena venne posata
il 9 giugno 1099, su progetto dell’architetto Lanfranco. Vari secoli e alcune modifiche dopo, l’edificio è ancora in grado di stupirci per la purezza delle linee e il magnifico apparato decorativo che anima la sua superficie esterna.
A partire dalla facciata in pietra bianca, realizzata con materiali di recupero di origine romana. Tripartita, a salienti (ovvero dotata di tetti spioventi collocati ad altezze diverse), colpisce ad una prima occhiata per il suo grande rosone – opera dei cosiddetti Maestri Campionesi, gli architetti che subentrarono a Lanfranco nel XII secolo – per il susseguirsi di loggette cieche e naturalmente per il portale centrale, ricco di esempi del lavoro di Wiligelmo.
Lo scultore, probabilmente “collega” e conterraneo del lombardo Lanfranco, realizzò infatti numerosi bassorilievi per la cattedrale, tra cui le Storie della Genesi del Portale Maggiore, l’ingresso principale della chiesa. Avvicinandoci all’ingresso possiamo ammirare da vicino le vivide scene raffiguranti Adamo ed Eva, l’Arca di Noé e le vicende di Caino e Abele. Una sorta di fumetto ante litteram, con pannelli posti l’uno accanto all’altro per illustrare la Bibbia anche a chi non sapeva leggere.
Non si tratta però dell’unico esempio dell’opera di Wiligelmo sulla facciata del Duomo, che insieme alla sua bottega si sbizzarrì nella creazione di altri bassorilievi sia a tema sacro che profano: dalle sculture dei profeti fino alla rappresentazione di leoni, pantere ed altre belve feroci.
Distogliamo ora lo sguardo dal portale centrale per osservare le aperture situate lungo le facciate laterali dell’edificio. Sul lato più lungo, affacciato su Piazza Grande, segnaliamo la Porta Regia edificata dai Maestri Campionesi all’inizio del XIII secolo, una meraviglia architettonica scolpita nel marmo rosa. Sullo stesso lato troviamo poi la Porta dei Principi, decorata con le vicende del patrono della città, San Geminiano.
Da non perdere infine la Porta della Pescheria, posta sulla facciata settentrionale (quella della torre Ghirlandina) e le sue sculture di natura profana che raffigurano i dodici mesi dell’anno e i relativi lavori in campagna, soggetti cavallereschi e scene ispirate alle favole di Fedro ed Esopo.
L’interno del Duomo
Entrando nel Duomo di Modena ci ritroviamo immersi in un ambiente a tre navate, caratterizzato da un presbiterio rialzato che nasconde una cripta. Così come per la facciata, anche gli interni della cattedrale sono frutto del lavoro di vari architetti: in primis Lanfranco, a cui successero i cosiddetti “Maestri Padani” (autori dell’ambone e del pontile che conduce alla cripta) e poi i già citati Campionesi, che si dedicarono all’apparato decorativo e alla torre campanaria.
Dopo aver esplorato l’area dell’abside, è tempo di dirigersi verso la cripta di Lanfranco. Oltre ad ospitare le spoglie di San Geminiano, in questo ambiente sotterraneo si cela un gruppo scultoreo davvero originale. Si tratta del Gruppo Porrini, detto anche Madonna della Pappa, una serie di figure in terracotta a grandezza reale dipinte da Guido Mazzoni attorno al 1480 che rappresentano la Madonna col Bambino, due santi e una serva. Quest’ultima è immortalata nel buffo atto di soffiare su una ciotola per raffreddare il cibo prima di porgerlo a Gesù Bambino, da cui deriva il nome all’opera stessa.
Tre curiosità sul Duomo di Modena
Come ogni cattedrale che si rispetti, anche quella di Modena custodisce i suoi misteri. Il primo che vi vogliamo raccontare ci riporta indietro nel tempo all’epoca in cui la Pianura Padana altro non era che un bacino d’acqua salata, abitato da pesci ed altre specie marine. Ma cosa c’entra questo con il Duomo di Modena? Per scoprirlo basta alzare lo sguardo al di sopra della Porta Regia: vi apparirà davanti agli occhi un grande osso di balena, scambiato nel Medioevo per osso di drago e qui sistemato per scacciare il demonio.
Aguzzando la vista possiamo scoprire un’ulteriore testimonianza del passato “marittimo” di queste zone. Incastonate nel marmo rosa della Porta Regia, in particolare nei suoi gradini, si trovano le ammoniti, grandi molluschi dotati di conchiglie a forma di spirale che si estinsero ben 65 milioni di anni fa.
Per la terza curiosità dobbiamo spostarci invece sul lato opposto dell’edificio e posizionarci di fronte alla Porta della Pescheria. Qui assistiamo a un mistero ancora dibattuto tra gli studiosi: tra i bassorilievi che ornano il portale si osservano alcune scene narranti le vicende di Re Artù, scolpite all’inizio del XII secolo. La storia del leggendario re britannico, però, venne raccontata da Goffredo di Monmouth nella Historia Regum Britanniae soltanto venti anni dopo, nel 1136. Come si spiega allora questa discrepanza con i bassorilievi del duomo? Stando all’ipotesi più accreditata, furono i pellegrini provenienti dal Nord Europa a tramandare a voce la storia di Artù lungo il loro cammino verso Roma. Ed ecco come giunse fino a Modena.
Autore
Maria Grazia Masotti
Eterna sognatrice con i piedi per terra. Cresciuta in campagna e amante delle grandi città. È sempre pronta per un viaggio, purché sia sostenibile.
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