O libro, parti per Roma: se ti chiederanno da dove vieni,
risponderai che vieni dalla regione della via Emilia
(Marziale, Epigrammata, III, 4)
Tutti la conoscono, tutti l’attraversano e la percorrono durante i loro spostamenti. Ma cosa sappiamo veramente della storia della Via Aemilia?
La Via Aemilia non è solamente una delle più importanti strade consolari d’età romana, è un percorso viario che raccoglie in sé molteplici sfaccettature e caratteristiche. In primis è stata una fondamentale opera d’ingegneria capace di segnare il territorio dell’Emilia Romagna.
In secondo luogo: è stata un’importante opera militare lungo la quale si è dipanata la conquista e la colonizzazione dell’Italia settentrionale. Terzo: è stato un eccezionale esperimento di pianificazione urbanistica, tra i primi tra l’altro che Roma è riuscita ad attuare in modo così sistematico.
Sulla base di tutto ciò, ecco 10 aspetti fondamentali utili alla conoscenza di quest’arteria che – da più di 2000 anni – organizza il territorio dell’Emilia Romagna con le sue città, i suoi paesaggi e le sue genti.
- L’inizio dei lavori di costruzione della Via Aemilia è riferibile al 189 a.C., esattamente 16 anni dopo la ratifica del trattato di pace con la città di Cartagine e la fine della Seconda Guerra Punica. Fu in quel periodo che il Senato Romano, cessata ogni guerra e resistenza ai confini meridionali, poté mettere in cantiere l’organizzazione, la costruzione e la colonizzazione della Regione Emilia;
- Il suo artefice, il console Marco Emilio Lepido, da cui deriva tra l’altro il nome della strada, avrebbe di certo preferito essere destinato alle province asiatiche in cui aveva già intrapreso azioni militari. Purtroppo per lui ciò non avvenne.
Su volere del Senato Romano pianificò la costruzione della via Aemilia perseguendo anche un’ottica militare: doveva essere un baluardo difensivo anche e soprattutto verso Oriente (si sentiva, difatti, la pressione del popolo Macedone ai confini orientali); - La Regione Aemilia è rimasta nel tempo pressoché immutata oltre che nel nome, anche nei suoi confini. A differenza degli altri possedimenti romani della Penisola Italiana – fatta eccezione per l’antica Flaminia – questo territorio fu l’unico a derivare il suo nome da una strada;
- La Via Aemilia non fu costruita ex-novo. Andò a sovrapporsi a un sistema viario preesistente, riprendendo collegamenti tra insediamenti anteriori, generati dai contatti secolari tra il Mar Adriatico e il Tirreno;
- Fu intorno al 218 a.C. che fu avviata ufficialmente dai Romani la fondazione di colonie nella regione Aemilia. La più importante – oltre Ariminum (268 a.C.) – fu Placentia (218 a.C.), un avamposto strategico che aveva il compito di custodire non solo il valico appenninico che conduceva all’antica Etruria ma anche proteggere l’ultimo guado percorribile sul fiume Po;
- Con i 1300 stadi, pari a 230 chilometri circa, la Via Aemilia congiungeva da sud-est a nord-ovest gli estremi dell’odierna regione. Lo faceva collegando centri preesistenti come Piacenza, Rimini e Bologna ma anche fondando nuove città come Modena, Parma (183 a.C.) e Reggio Emilia (175 a.C.).
In un secondo momento furono istituite Cesena, Forlimpopoli, Forlì, Faenza, Imola e tutta una serie di piccoli centri, sorti in modo spontaneo grazie alla sua forza aggregatrice; - Se si fa caso alla posizione e alla struttura delle principali colonie romane (Placentia, Mutina, Bononia, Forum Populii, Ariminum), ci si accorge che, oltre a essere delle stazioni di sosta, queste rappresentavano anche una barriera di controllo ai principali accessi agli Appennini;
- La colonizzazione non ebbe mai i caratteri di epurazione delle popolazioni locali. Dopo le Guerre Puniche l’esercito Romano aveva subito ingenti perdite di uomini in età lavorativa. Fu quindi doveroso integrare le popolazioni indigene nelle nascenti colonie, concedendo a ognuno alcuni appezzamenti di terreno, limitando così i grandi espropri;
- È il 150 a.C. quando le popolazioni iniziano l’opera di disboscamento e bonifica della regione che al tempo, verosimilmente, doveva essere molto simile all’attuale Bosco della Mesola.
Frutto di uno sforzo collettivo immenso e di un’oculata politica amministrativa, nasceva il vasto reticolo di strade che ancora oggi possiamo scorgere, sorvolando in aereo l’area della Romagna.
La regione Aemilia diventava il banco di prova per sperimentare la centuriazione, una pianificazione razionale del territorio finalizzata a organizzare i possedimenti in unità produttive; - Infine la struttura. La via Emilia fu costruita su argini sopraelevati per evitare gli impedimenti naturali presenti lungo il suo percorso. In città era lastricata in basoli di pietra o acciottolati, con marciapiedi o gradini di delimitazione; fuori dai centri storici si trasformava in massicciate di ghiaie e ciottoli di fiume.
Ancora oggi alcuni tratti sono visibili e percorribili come nel caso del Ponte di Tiberio a Rimini e nei sotterranei di Bologna; altri, invece, vengono casualmente alla luce durante lavori realizzati lungo quest’antico asse viario.
Per orientarsi e dare informazioni puntuali sulla distanza tra un luogo e l’altro, chi si metteva in viaggio poteva contare sui cosiddetti miliari, pietre poste originariamente a ogni miglio (metri 1476): alcuni sono ancora in situ; altri sono conservati presso musei cittadini; altri, ancora, si trovano reimpiegati in strutture d’età successiva, come nel fusto di una colonna di una graziosa chiesa di Brisighella.
Autore
Walter Manni
Esploratore e Avventuriero: ama navigare gli oceani, scalare le montagne più alte e surfare sulle onde del web
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lola tambini
molto chiaro grazie
alberto laghi
molto ben descritto,forse una descrizione più ampia della tecnica costruttiva impiegata,dei tempi di esecuzione,per quella che è stata un opera importantissima.
Anche qualche dettaglio sulla centuriazione,con foto aeree.
complimenti.