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Bologna, la Città dei Portici UNESCO

di /// Ottobre 11, 2024
Tempo stimato di lettura: 4 minuti

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Non esiste al mondo una città con tanti portici quanti ne possiede Bologna: tutti insieme, considerando solo il centro storico, misurano in lunghezza più di 42 km, che diventano poi 62 km se si considerano quelli al di fuori del circuito murario.

Un primato internazionale, senza dubbio, che la città acclama da più di 900 anni con orgoglio e vanto, e che oggi – insieme alle sue torri e ai suoi golosissimi tortellini – rappresentano i maggiori tratti identitari di questo centro abitato nel cuore dell’Emilia Romagna.

Una caratteristica ineludibile del tessuto urbano tanto che nel 2021 il comitato UNESCO ha dichiarato ufficialmente Bologna la “Città dei Portici” con il suo inserimento tra i siti patrimonio dell’Umanità.

Nella lista rientrano Piazza Santo Stefano, i portici di Via Zamboni, quelli di Strada Maggiore, l’edificio porticato del MamBo, i portici di Piazza Cavour e via Farini, il portico di San Luca, i portici di Pavaglione e Piazza Maggiore, la strada porticata di Santa Caterina, l’edificio porticato del quartiere Barca, il portico della Certosa, i portici del Baraccano e la strada porticata di Galliera.

Alti, larghi, stretti e lunghi: i portici di Bologna sono il vero soggiorno della città, una metafora dell’accoglienza che offre in ogni stagione un riparo sicuro a chiunque si trovi a camminare lungo di essi.

Sono il luogo del ritrovo e della socialità, sono le vie dello shopping ma anche dei locali, le vie dei musei e delle gallerie d’arte. Sono l’ombrello sotto il quale ripararsi quando piove ma anche il posto ideale per cercare refrigerio durante le afose giornate estive.

Ma come sono nati i portici di Bologna?

Il portico di Santo Stefano, Bologna
Bologna, Il portico di Santo Stefano | Credit: matteo_santori, via Wikimedia

All’origine di queste incredibili bellezze architettoniche, sembra assurdo, sembra ci fosse un vero e proprio abuso edilizio messo in atto durante l’età medievale.

Fu sul finire dell’anno Mille (la prima testimonianza storica risale all’anno 1041) che i bolognesi non potendo allargare oltremodo le loro abitazioni in altezza e nel perimetro, attuarono un ingegnoso stratagemma per ovviare a questo limite, prolungando il solaio della propria casa verso l’esterno.

In un primo momento si pensò alla creazione di sporti, una sorta di balconi in legno sorretti dal prolungamento delle travi portanti del solaio. A causa però dell’aumento dei volumi, fu necessario intervenire staticamente creando colonne di sostegno provenienti dal basso.

I nuovi spazi che si vennero ad aprire sotto i portici favorirono l’espansione di attività commerciali e artigiane, oltre a rendere i pianterreni degli edifici più abitabili e puliti, poiché isolati dalla sporcizia delle strade.

Il portico delle Case Reggiani-Seracchioli, Bologna
Bologna, Il portico delle Case Reggiani-Seracchioli | Credit: facciamoungiroincentro.blogspot.com

Nel 1228 l’aumento della popolazione in città, dovuta alla presenza dell’Università e alla forte migrazione dal contado, costrinse il Comune di Bologna a intervenire e regolamentare la pratica edilizia dei portici.

Fu stabilito l’obbligo di costruire un portico in muratura per ogni abitazione, seguendo precisi dettami tecnici: dovevano essere alti e larghi almeno 2,66 metri per permettere il transito di un uomo a cavallo, e i banchi degli artigiani e dei venditori non dovevano impedire il libero passaggio dei viandanti.

Ovviamente non tutti rispettarono le nuove normative, soprattutto all’interno dei quartieri più poveri, come attestano i verbali dell’epoca e come rilevano ancora oggi i portici con le loro forme e dimensioni differenti.

Più tardi, successivi statuti, come quello del 1352, imposero per i nuovi edifici un’altezza e una profondità maggiore di 3,60 metri e tutta una serie di nuove regole che ancora oggi vengono rispettate.

I portici di Bologna oggi

Nati senza un preciso piano regolatore e in tempi diversi, è impossibile trovare a Bologna due portici uguali l’uno all’altro.

Alcuni portici medievali realizzati in legno sono sopravvissuti fino ai nostri giorni. Per vederli con i propri occhi basta, ad esempio, cercare la suggestiva Casa Isolani in Strada Maggiore (risalente al XIII secolo), oppure dirigersi all’inizio di via Santo Stefano per ammirare i porticati delle Case Reggiani-Seracchioli o di Casa Azzoguidi-Rubini in via San Niccolò.
Tra gli otto porticati in legno che la città conserva, quello più recente è sicuramente quello di via Gombruti 17, costruito nel XV secolo.

Al periodo rinascimentale risalgono il portico laterale della basilica di San Giacomo Maggiore in via Zamboni, quello di Palazzo Bolognini-Isolani e delle Case Beccadelli in Piazza Santo Stefano, oppure le arcate decorate con motivi floreali del Palazzo del Podestà e l’altissimo portico “dei Bastardini” in via D’Azeglio.

Leggermente più tardo, invece, il grande portico del Paviglione (139 metri e 30 arcate), una lunga loggia che si estende da Via De’ Musei fino a Via Farini, e che si apre nel suo ultimo tratto allo storico edificio dell’Archiginnasio.

Il portico di San Luca, Bologna
Bologna, Il portico di San Luca | Credit: interno19.com

C’è poi il portico più LARGO che è quello della basilica di Santa Maria dei Servi in Strada Maggiore; quello più ALTO del Palazzo dell’Arcidiocesi di Bologna, in via Altabella, che sfiora i 10 metri d’altezza, ed anche quello più STRETTO di Via Senzanome con i suoi 95 cm.

Infine, il Portico di San Luca che, con i suoi 3.796 metri di lunghezza e 664 archi, si conferma il portico più LUNGO al mondo. Un portico che è molto di più una semplice struttura architettonica: un simbolo religioso e civile per tutta la comunità, che dal 1700 percorre questa lunga strada per venerare l’immagine sacra della Madonna di San Luca e al contempo ammirare la bellezza di Bologna dall’alto del Colle della Guardia.

Autore

Davide Marino

Nasce come archeologo ma finisce per fare altro. Razionale ma non metodico, lento e appassionato. Un giovane entusiasta dai capelli grigi

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