Sono più di duemila le candeline spente da quando all’indomani del 268 a.C. Rimini fu fondata.
Una storia antichissima che ha segnato il destino dell’intera Emilia-Romagna per mano dei Romani che da questa città avviarono quel processo di colonizzazione che nei secoli a seguire portò alla conquista dell’Italia Settentrionale.
Tralasciando il periodo medievale e i successivi sviluppi di età contemporanea, di quel remoto passato tutt’oggi sono ancora visibili in città numerose testimonianze monumentali (per una sintesi si veda QUI).
Tra queste non può certo mancare il celebre ARCO DI AUGUSTO che, insieme al vicino Ponte di Tiberio, costituiscono i monumenti più rappresentativi di tutta la città (non è un caso infatti che entrambi compaiono nello stemma di Rimini).
Considerato il più antico arco trionfale conservato di tutta l’Italia Settentrionale, l’Arco di Augusto fu edificato nel 27 a.C a segnare l’ingresso di chi, percorrendo la Via Flaminia (l’arteria stradale tracciata dal console Flaminio nel 220 a.C. per collegare Rimini alla capitale Roma), si accingesse a entrare in città.
Un’opera celebrativa realizzata su ordine del Senato e del Popolo Romano per onorare le opere del grande Cesare Ottaviano Augusto che tanto si era impegnato, tra le molte iniziative avviate durante il suo Principato, nel restauro della città di Rimini e della via Flaminia.
Ancora oggi si può leggere nell’iscrizione, in parte mutila, posizionata nella parte superiore della facciata dell’arco quanto segue:
SENATVS POPVLVSQVE ROMANVS
IMPERATORI CAESARI DIVI IVLIO FILIO AVGVSTO IMPERATORI SEPTEM
CONSOLI SEPTEM DESIGNATO OCTAVOM VIA FLAMINIA ET RELIQVEIS
CELEBERRIMEIS ITALIAE VIEIS ET AVCTORITATE EIVS MVNITEIS
Il Senato e il popolo romano (dedicarono) all’imperatore Cesare, figlio del divino Giulio, Augusto, imperatore per la settima volta, console per la settima volta designato per l’ottava, essendo state restaurate per Sua decisione e autorità la via Flaminia e le altre più importanti vie dell’Italia
Costruito in blocchi di pietra d’Istria a un solo fornice (in origine di ben 8,84 mt) e affiancato da due semicolonne con fusti scanalati e capitelli corinzi, questo monumento era importante per le dimensioni ma soprattutto per il carattere simbolico, religioso e propagandistico che sottendeva.
La sua architettura richiamava le fattezze di un tempio, ma non solo. Avendo un ingresso troppo ampio per ospitare una porta, esaltava la politica dell’Imperatore capace di assicurare la pace sui territori (Pax Augustea), rendendo difatti inutile una porta all’ingresso della città.
L’apparato decorativo era poi carico di simboli. Tra la ghiera dell’arco e i capitelli si possono ammirare (in quattro clipei) quattro divinità: Giove, padre di tutti gli dèi, massima divinità dei romani; Nettuno, dio di tutte le acque; Apollo, figlio di Giove, protettore della salute; Minerva, protettrice della città di Roma, delle arti e dei mestieri. Su entrambe le facce dell’Arco sono collocate due teste di bue che attestano simbolicamente la qualità di colonia romana della città di Rimini.
Il valore propagandistico dell’arco era rimarcato anche dalla posizione del monumento rispetto all’andamento della via Flaminia. Allontanandosi dal centro storico e guardando verso di esso, ancora oggi si può notare come sia in posizione leggermente inclinata rispetto alla strada.
Il motivo? Affidargli valore prospettico e tridimensionalità attraverso un gioco di luci e ombre. L’attenzione sarebbe stata così rivolta all’iscrizione, a quel tempo in metallo dorato, ma soprattutto alla possibile scultura (si pensa a un gruppo marmoreo rappresentante l’imperatore Augusto nell’atto di condurre una quadriga) posta sulla parte sommiate.
Dico possibile perchè non ci sono prove certe della sua esistenza. Questa ipotesi nasce, infatti, da una tradizione storico-antiquaria del Settecento, protrattasi fino ai nostri giorni che non hanno mai avuto chiarite o smentite.
Ciò che certo è che nei secoli a venire l’Arco d’Augusto ha caratterizzato la topografia della città, segnandone il carattere e la geografia.
Numerosi interventi si sono susseguiti attorno e su di esso, come la merlatura d’età medievale presente nella parte superiore. Il paesaggio è cambiato, fino a quando recenti restauri lo hanno riportato al suo antico splendore, ricordandoci le origini romane di Rimini.
Autore
Davide Marino
Nasce come archeologo ma finisce per fare altro. Razionale ma non metodico, lento e appassionato. Un giovane entusiasta dai capelli grigi
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